Ma prima facciamo un passo indietro.
La tragedia di Monreale e la realtà dello Zen:
Un appello alla responsabilità collettiva
Lo Zen, e altre periferie come esso, non sono luoghi di sola condanna. Sono teatri di lotta quotidiana, dove famiglie, educatori, associazioni e giovani combattono contro un destino che sembra scritto. Non basta stigmatizzare: serve un supporto concreto e continuativo che ripensi il rapporto tra centro e periferia, tra privilegi e privazioni.
La strage di Monreale ci scuote profondamente, costringendoci a confrontarci con l'abisso dell'umana brutalità. Nonostante il peso di questa tragedia, è essenziale mantenere la lucidità e riflettere con equilibrio. Due giovani dello Zen sono oggi al centro delle cronache, travolti da scelte che li condannano al baratro, responsabili di atti efferati che li segneranno per sempre. La loro colpa è inequivocabile, ma è altrettanto inevitabile interrogarsi sulle condizioni che possono aver plasmato i loro destini.
Lo Zen, quartiere simbolo di contraddizioni e potenzialità soffocate, è spesso raccontato come un luogo di marginalità, privazioni e sogni infranti. Ma questa narrazione è solo parzialmente vera. Ogni scuola, ogni strada del rione pullula di giovani talenti, menti brillanti e cuori appassionati. Eppure, il sistema li tradisce. Quanti di loro non riusciranno a superare le barriere di un contesto che li isola? Quanti futuri medici, avvocati, architetti, ingegneri, operai specializzati, docenti, persino leader spirituali, perderemo per colpa dell'indifferenza e del pregiudizio?
La discriminazione, in tutte le sue forme, erige muri invisibili ma insormontabili. Gli insegnanti, spesso i primi testimoni del potenziale non riconosciuto, ci parlano di giovani che combattono battaglie quotidiane contro un destino che sembra già scritto. Fra queste vite si distingue la storia di Fra' Loris D'Alessandro, cappellano del carcere Pagliarelli, un esempio di come il cuore dello Zen possa generare bellezza e speranza. Lui stesso ha raccontato, con dolcezza e fermezza, di un quartiere che non chiede altro che opportunità per riscattarsi. "Lo studio e il lavoro onesto", diceva Fra' Loris, "sono la via per cambiare. Mi raccomando, ragazzi."
Tuttavia, le parole da sole non bastano. Gli interventi ci sono stati, certo, ma lo Zen rimane lontano, non solo geograficamente, ma anche nell'immaginario collettivo. E questo è il problema più grave: un'isola che resta isolata, priva di quel ponte necessario per unirla al resto del mondo.
Oggi, davanti alla tragedia, è cruciale non dimenticare chi soffre: le vittime, le loro famiglie, e chi vive nel rione con dignità e speranza, nonostante tutto. Ricordiamo Andrea, Massimo e Salvo, il cui amore interrotto deve trasformarsi in una memoria che ci sproni a costruire un futuro migliore.
E allora, l'appello è questo: investiamo nello Zen, nelle sue scuole, nelle sue persone. Diamo ai giovani le possibilità di sognare e realizzarsi. Costruiamo ponti, materiali e simbolici, per unire ciò che oggi è separato. Solo così il rione potrà essere raccontato per quello che è davvero: un luogo di potenzialità immense, pronto a restituire al mondo il meglio di sé.
La cultura come chiave di svolta
Se la mafia e la criminalità trovano terreno fertile in una cultura della violenza e della rassegnazione, allora la cultura vera – scuola, arte, pensiero critico – è la risposta. Ma non può essere un semplice slogan. Bisogna investire in:
-
Scuole attrezzate e sicure: con programmi che non si limitino a trasmettere nozioni ma offrano alternative reali al disagio.
-
Centri culturali e sportivi: per restituire ai giovani un senso di appartenenza diverso da quello della criminalità.
-
Progetti di inclusione: che coinvolgano famiglie, insegnanti e istituzioni in un dialogo costruttivo.
Il ruolo della politica
È vero, molto è cambiato grazie all'impegno dello Stato contro la mafia, ma tanto resta da fare. La politica deve avere il coraggio di guardare oltre l'immediato, di investire dove i ritorni non sono elettorali ma generazionali. Senza una visione e senza investimenti adeguati, i luoghi difficili rimarranno tali, alimentando un ciclo che sembra eterno.
Non possiamo permettere che tragedie come quella di Monreale si ripetano. La responsabilità è di tutti: delle istituzioni, delle scuole, delle associazioni e della società civile. Lo Zen non è il problema, ma un'opportunità per dimostrare che il cambiamento è possibile. Serve però una volontà collettiva, una politica all'altezza della sfida e il coraggio di investire dove sembra più difficile.
#Monreale #Zen #Cambiamento #Educazione #Futuro