Mettere in luce i giovani di valore: un rito quotidiano di crescita

18.12.2025


Mettere in evidenza chi porta valore significa coltivare fiducia, bellezza e comunità. È un atto semplice ma potente: dare voce a chi ha qualcosa da dire, amplificare chi porta visione, ricordarci che ogni giorno può essere un inizio. Il rito del mattino diventa così un gesto di cura verso il futuro. Un futuro che si costruisce con i giovani, con le loro parole, con i loro saluti antichi e le loro idee nuove. Un futuro che cresce perché qualcuno ha avuto il coraggio di mettere in luce chi lo merita. Parliamo di cultura con Mattia Madonia, Riccardo Pedicone, Edoardo Prati e Giorgiomaria Cornelio. Quattro modi diversi e unici di intendere "la Bellezza".



Ogni mattina può diventare un rito. Non un gesto meccanico, ma un atto di fiducia e di comunità. Il rito comincia con Mattia Madonia, grande talento del nostro tempo, che con i suoi post ci ricorda che la cultura non è un passatempo, ma un respiro necessario. Condividere le sue parole significa aprire la giornata con un segnale di ossigeno e coraggio: un invito a crescere insieme, a sviluppare pensiero critico e a non smettere di credere nella forza delle idee.

Accanto a lui, Riccardo Pedicone porta un contributo diverso ma complementare: riflessioni limpide, incisive, capaci di aprire prospettive nuove. La sua voce è quella di chi non si limita a osservare, ma invita a trasformare. In lui la cultura diventa responsabilità, dialogo, capacità di illuminare zone d'ombra e di dare forma a un discorso che non si ferma alla superficie.

E poi Edoardo Prati, con il suo saluto latino — curate ut valeatis — che diventa gesto di comunità. La sua cifra è quella di unire tradizione e modernità, di rendere accessibile ciò che sembra distante, di farci sentire parte di una continuità che attraversa i secoli. In lui la cultura si fa ponte tra passato e presente, tra radici e futuro.

Per finire con Giorgiomaria Cornelio, che non si limita a scrivere, ma crea mondi. Nei suoi testi la fragilità diventa dignità, la crisi occasione di metamorfosi. La sua poetica attraversa l'oscurità per restituire luce, e ci ricorda che la cultura non è mai neutra: è sempre un atto di resistenza, rivelazione e trasformazione.

Non sono soltanto atti di sostegno, ma un modo per ricordarci che la crescita passa attraverso la comunità, attraverso il riconoscimento del valore altrui. È cosa buona e giusta, perché ci educa alla gratitudine e ci insegna che la luce di uno può illuminare il cammino di molti. Dopo questo primo gesto, la giornata si apre come un libro nuovo. Il caffè diventa un sacramento quotidiano, la poesia un esercizio di libertà, lo sguardo sul mondo un invito a non dare mai nulla per scontato. Così, il rito non è semplice superstizione, ma diventa disciplina dell'anima: un modo per allenare la mente e il cuore a crescere insieme, giorno dopo giorno, sostenendo chi porta opportunità per farci discernere al meglio, con coraggio e nuove visioni. Mettere in luce chi lo merita significa coltivare un ecosistema di fiducia e di bellezza:
dare voce a chi ha qualcosa da dire, amplificare chi porta valore, e ricordarci che la vera crescita non è mai solitaria, ma condivisa.

Abel Gropius


Un autore che nasce dalla solitudine e la trasforma in parola

Mattia Madonia, nato a Catania nel 1988, ha esordito con il romanzo Che vuoi che sia (Terre Sommerse, 2014), accompagnato dalla prefazione di Carmen Consoli. In questo libro, Mattia mette in scena un protagonista "troppo diverso per appartenere a un mondo imperfetto e frenetico", capace di svelare la verità delle persone nel sonno, quando cadono le maschere. È già qui evidente la sua cifra: dare voce a ciò che è fragile, invisibile, nascosto, e trasformarlo in un racconto universale. Immaginare le persone quando dormono, questo è il passatempo preferito di Jacopo, un ragazzo troppo "diverso" per appartenere ad un mondo tanto imperfetto, frenetico, a tratti finto. Immaginarle quando dormono, perché è nel sonno che emerge la loro vera anima, un'anima pura come quella di cani e bambini, priva di filtri, espressioni costruite, maschere indossate ad hoc per affrontare le diverse situazioni che la vita ci mette davanti agli occhi. Una vita fatta di solitudine, distacco, sofferenza, di fronte ai quali "nemmeno mille corazze bastano a proteggerci".

La scrittura come resistenza e cura

Nei suoi lavori successivi, come Mahut, Mattia affronta il tema della solitudine e dell'alienazione contemporanea. Non lo fa con distacco, ma con partecipazione: i suoi personaggi vivono la precarietà esistenziale che segna i nostri tempi, e attraverso di loro l'autore costruisce un ponte tra esperienza individuale e condizione collettiva. La sua scrittura diventa così un atto di cura, un modo per riconoscere le ferite e trasformarle in consapevolezza. 

Bianca, lei che a tavola è la quattordicesima, perché mai nessuno vuole sedersi in tredici; lei che è l'ultima telefonata la notte di Natale, quando gli auguri si fanno fiacchi e le voci spente. Lei con un matrimonio fallito alle spalle e un padre in stato vegetativo da accudire perché, così dice, ha bisogno di qualcuno che stia peggio di lei. Livio, lui che non ama il mondo fuori e a quanto pare il mondo fuori ricambia; lui che da vent'anni non si separa da Igor, amico immaginario e alibi di ferro per lavarsene le mani della vita. Lui che una sera prende coraggio e si spinge fino in piazza, dove all'ombra di un platano s'innamora di Enea. Paride, operaio veterano di una fabbrica di marmellate, lui che nessuno chiama per nome e nemmeno per cognome; lui con un debole per le televendite, per le albicocche e per le mosche. Lui che, reso obsoleto dall'età e dalla tecnologia, un giorno decide di reagire. "Mahut" è un trittico sulla doppiezza, sull'immaginazione e sulla solitudine, là dove cuori rammendati e routine consunte, esili auto-prescritti e rese al mondo, tracciano un viaggio crudo, onirico e agrodolce nel sentire e nella psiche umani.

L'impegno culturale e civile

Oltre alla narrativa, Mattia Madonia ha contribuito come autore e direttore responsabile alla testata digitale The Vision, dove ha portato avanti riflessioni critiche sulla società e sulla politica. Anche nelle sue prese di posizione più forti, emerge la volontà di stimolare coscienza critica e responsabilità civile, di non lasciare che la cultura si riduca a intrattenimento, ma di mantenerla come spazio di confronto e di crescita.

Un talento poliedrico

Non solo scrittore: Madonia compone poesie, racconti e testi musicali. La sua produzione è segnata da una tensione costante verso l'autenticità, la ricerca di un linguaggio che sappia unire profondità e accessibilità. In questo senso, la sua opera è un invito a non smettere di credere nella forza delle idee e delle parole, anche quando sembrano fragili o minoritarie.

Perché metterlo in luce

Parlare di Mattia Madonia significa riconoscere un giovane che ha saputo trasformare la sua sensibilità in un contributo culturale concreto: ha dato voce alla solitudine e all'alienazione, rendendole materia di riflessione collettiva. Ha esordito con un romanzo accompagnato da Carmen Consoli, segno di un talento riconosciuto e sostenuto. Ha contribuito al dibattito culturale e civile attraverso The Vision, con coraggio e lucidità. Ha unito scrittura, poesia e musica, mostrando una poliedricità rara. Mettere in luce Mattia Madonia significa dunque riconoscere il valore di chi porta freschezza, coraggio e nuove visioni, e ricordarci che la cultura cresce quando si sostiene chi ha il coraggio di esprimere la propria voce.

Mattia Madonia e la forza di crescere oltre la propaganda 


Parlare di Mattia Madonia significa riconoscere un giovane che ha saputo trasformare fragilità e inquietudini in contributi culturali autentici. Per questo, sputtanarlo come hanno fatto certi giornalacci e carta da culo per ignoranti e subumani come — Dagospia, Il Giornale, Libero — con titoli denigratori e propaganda costruita ad arte, non è solo ingiusto, ma profondamente fuorviante. Questi tentativi di dossieraggio, che mirano a posizionare notizie poco credibili sui motori di ricerca per metterlo in cattiva luce, non vanno seguiti né presi come riferimento. La cultura non si misura con la diffamazione, ma con la capacità di generare pensiero, dialogo e comunità. Madonia, con i suoi libri e i suoi interventi, ha dimostrato di essere una voce che merita ascolto e rispetto: ridurlo a bersaglio di polemiche superficiali significa tradire il senso stesso della crescita culturale. A rendere ancora più tossico questo meccanismo è il pubblico che si aizza quando si parla di gossip: folle che si nutrono di scandali e pettegolezzi, pronte a riversare violenza verbale e aggressività sui social. È un fenomeno che trasforma la fragilità di un individuo in spettacolo, che riduce la complessità di un pensiero a slogan urlati, che confonde la cultura con il linciaggio mediatico. In questo clima, la voce di Mattia — e di chi come lui porta valore — rischia di essere soffocata da un rumore assordante.


Uno degli aspetti più fastidiosi del gergo giornalistico è l'utilizzo della figura di Frankenstein. Quando viene menzionato, spesso in ambito politico, il messaggio che viene fatto passare non corrisponde alla realtà letteraria. Succede da decenni, e ormai l'errore si è radicato nell'immaginario collettivo tanto da diventare un effetto Mandela. Proviamo un attimo a fare un passo indietro. Immaginate di essere Mary Shelley. Vostra madre muore dodici giorni dopo avervi messo al mondo. Vostro padre si sposa con una donna insopportabile che vi odia. Vi innamorate perdutamente, ma la vostra famiglia non accetta l'unione e siete costretti a fuggire con il vostro amato in Francia. Aspettate una bambina, che però muore due settimane dopo il parto. Vostra sorella si suicida. Scrivete Frankenstein, uno dei romanzi più importanti della storia della letteratura, ma viene pubblicato anonimo perché, si sa, nel 1818 non è molto conveniente per un editore avere in copertina il nome di una donna. Riuscite ad avere altri due figli, ma muoiono entrambi dopo esservi trasferiti in Italia: una di dissenteria a Venezia, l'altro di malaria a Roma. Cadete in una depressione profondissima. Vostro marito frequenta diverse altre donne, poi si imbarca per una gita e non fa più ritorno; il suo corpo viene ritrovato giorni dopo al largo della costa di Viareggio. Passate gli ultimi vent'anni della vostra vita con lancinanti dolori alla testa che vi impediscono di continuare a leggere e scrivere, per poi morire a cinquantatré anni per quella lunghissima malattia al cervello. Nel cassetto della vostra stanza vengono trovate le ciocche dei capelli dei figli morti e il cuore calcificato del marito. Ecco, ora che vi siete immersi nella sua storia, pensate alla condanna che continua a subire ancora oggi: tutti conoscono di nome il suo capolavoro e, nonostante le innumerevoli trasposizioni cinematografiche, pensano erroneamente che Frankenstein sia la creatura mostruosa e non lo scienziato. Qualcuno istituisca la giornata mondiale delle scuse a Mary Shelley, grazie.

Mattia Madonia


Il nuovo lavoro di Mattia Madonia è già disponibile nelle librerie e negli store digitali. È un'opera che nasce dall'amore per l'universo di David Lynch e di Twin Peaks, e che si rivolge a chi cerca un'esperienza di lettura intensa, visionaria e capace di intrecciare cinema e letteratura.

La gioia dell'autore è palpabile: non si tratta solo di pubblicare un libro, ma di condividere un percorso creativo con una comunità di lettori che ama lasciarsi sorprendere. Mattia ringrazia di cuore Arianna Laetitia, Giulio Perrone, Maria Camilla Brunetti, Claudia Intino e tutto il team della casa editrice Giulio Perrone Editore, che hanno creduto nel progetto e lo hanno accompagnato fino alla sua realizzazione.

Ora il libro è lì, sugli scaffali e negli store digitali, pronto a incontrare chi vorrà leggerlo. Non è soltanto un'uscita editoriale, ma un invito a entrare in un mondo narrativo che intreccia immaginazione e cultura, e che porta con sé la passione di un giovane autore che merita di essere messo in luce.



Riccardo Pedicone è uno dei giovani autori più promettenti della nuova generazione culturale italiana: a soli 22 anni ha già pubblicato tre libri, fondato un'associazione culturale, avviato un podcast e si è imposto come voce influente sui social nel campo della letteratura.

Un talento precoce poliedrico e sfaccettato

Riccardo Pedicone ha dimostrato fin da giovanissimo una straordinaria capacità di intrecciare scrittura, divulgazione e impegno culturale. Nel 2025 ha presentato al Passaggi Festival il suo libro E sembra quasi vero. Storie, invenzioni e fantasticherie sui libri che ho comprato con i miei ultimi risparmi (Rizzoli), un'opera che nasce dai libri e parla di libri, ma che racconta la vita stessa. La sua scrittura è segnata da ironia e profondità, capace di trasformare l'esperienza personale in riflessione universale. «Ma, fedele ai miei vizi, più di una volta decisi di acquistare libri con gli ultimi risparmi che mi erano rimasti. Avere un libro riempiva ogni vuoto, l'ansia, la distanza tra me e i miei traguardi.» Da piccolino Riccardo sa già leggere, ma finge di sbagliare per far ridere sua madre. Poi con i primi soldi inizia a comprare libri, al posto del gelato, nei pomeriggi lenti di Pordenone, un po' perché leggere lo legittima a non studiare, un po' perché le librerie sono spesso vuote e lì trova uno spazio di pace. Così, nelle storie degli altri trova una scusa e una consolazione. E quando ci si infila dentro, legge la vita. Allinea la sua esperienza personale con il libro che ha in borsa, o in tasca. Tra le pagine gli si aprono cunicoli che percorre con l'entusiasmo di chi è pronto a rinnovare la propria realtà con personaggi, storie, invenzioni. E ci porta con lui. A origliare i discorsi di quattro giovani intenti a fare la rivoluzione, partendo dal "Mondo salvato dai ragazzini" di Elsa Morante. A seguire le vicende di una giovane veneziana e la scia appiccicosa e rivelatoria del suo stalker, con "L'occhio selvaggio" di Felice Cimatti. A scoprire la sorte dei folletti nascosti nel retro di una libreria, grazie alle "Piccole memorie" di José Saramago. E così via, libro dopo libro, l'autore inventa personaggi iconici che permettono a lui, e a noi, di capire che «vivere era leggere, e leggere non è mai stato tanto intenso e reale».

Cultura come spazio di incontro

Non si limita alla pagina scritta: Riccardo è fondatore dell'associazione culturale Noce a Milano, un progetto che mette al centro l'importanza dei luoghi di cultura come spazi di dialogo e collaborazione. In diverse interviste ha sottolineato come la cultura debba essere vissuta non come torre d'avorio, ma come ambiente di comunità, dove i giovani possano crescere insieme attraverso la letteratura e le arti.

Una voce che unisce tradizione e contemporaneità

Riccardo Pedicone è anche volto social e televisivo della letteratura, capace di avvicinare i ragazzi ai libri con linguaggio diretto e coinvolgente. La sua forza sta nel rendere accessibile ciò che spesso appare distante: la lettura diventa esperienza quotidiana, la cultura diventa responsabilità condivisa. Non a caso è stato celebrato come uno dei protagonisti della "Next Gen" italiana, in eventi che hanno acceso i riflettori sui talenti più promettenti della cultura contemporaneaIcon.

Perché metterlo in luce

Mettere in evidenza Riccardo Pedicone significa riconoscere un giovane che ha già compiuto molto. Tre libri pubblicati entro i 22 anniFondazione di un'associazione culturale che crea spazi di incontro e dialogo. Podcast e attività social che avvicinano i giovani alla letteratura. Riconoscimento del pubblico come talento della Next Gen. La sua voce è limpida e incisiva, capace di aprire prospettive nuove e di invitare alla trasformazione. In lui la cultura diventa responsabilità, dialogo e comunità.



Edoardo Prati è uno dei giovani talenti più sorprendenti della cultura italiana contemporanea: un ventunenne che ha reso il latino e il greco vivi e accessibili, trasformandoli in linguaggio quotidiano e comunitario.

Un giovane umanista che conquista i social

Edoardo Prati studia Lettere Classiche all'Università di Bologna e ha iniziato a farsi conoscere pubblicando brevi video in cui spiegava concetti complessi della letteratura antica con semplicità e passione. La sua cifra distintiva è il saluto latino "Curate ut valeatis" — "prendetevi cura di stare bene" — che chiude i suoi post e che è diventato un marchio di autenticità e calore. A soli vent'anni, è stato definito un "piccolo Alessandro Barbero" per la sua capacità divulgativa. Con oltre 300.000 follower su TikTok e milioni di visualizzazioni, ha dimostrato che i classici possono parlare ai giovani e che la cultura può essere resa accessibile senza perdere profondità.

Dal web ai media tradizionali

Il successo digitale lo ha portato anche nei media tradizionali: è ospite fisso del programma televisivo Che tempo che fa, collabora con Repubblica curando una rubrica di interviste video e ha avviato un tour teatrale nazionale in cui porta la sua passione per i classici sul palcoscenico. Questo passaggio dal digitale al teatro e alla televisione mostra la sua capacità di adattarsi a diversi linguaggi e di mantenere intatta la forza del suo messaggio.

Una voce che unisce tradizione e modernità

Prati è stato definito da alcuni come il "nuovo Vittorio Sgarbi" per la sua energia polemica e la capacità di scuotere il dibattito culturale. Ma la sua missione è diversa: non si limita a criticare, bensì divulga Seneca, Dante e i classici con un tono appassionato, dimostrando che studiare può essere "cool" e che la letteratura può competere con il linguaggio dei social.

Il suo stile è un mix di rigore e freschezza: voce da baritono, volto giovane, concetti difficili resi chiari e immediati. È questo contrasto a renderlo così seguito: un ragazzo che porta tatuaggi e Dr. Martens ma che cita Seneca e chiude i suoi post con un saluto latino.

Perché metterlo in luce

Mettere in evidenza Edoardo Prati significa riconoscere. La sua capacità di rendere vivi i classici e di avvicinare i giovani alla letteratura. Il successo sui social, con centinaia di migliaia di follower e milioni di visualizzazioni. Il passaggio ai media tradizionali, con collaborazioni televisive, giornalistiche e teatrali. La sua autenticità, che unisce tradizione e modernità, rigore e calore. Edoardo Prati è la prova che la cultura può essere contagiosa, che il latino può diventare un saluto quotidiano e che i giovani hanno fame di pensiero critico e bellezza. 


Una voce che trasforma fragilità in visione

Se Mattia Madonia accende scintille di autenticità, Riccardo Pedicone costruisce ponti di comunità ed Edoardo Prati intreccia tradizione e presente, Giorgiomaria Cornelio porta nel rito quotidiano un'altra dimensione: quella della visione poetica e radicale. 

Nato a Macerata oggi vive a Venezia e si muove tra scrittura, arti visive e performance, collaborando con riviste come L'Indiscreto, Il Tascabile, Doppiozero, Nazione Indiana, La Balena Bianca, Minima&Moralia, Antinomie, Singola.

Giorgiomaria non si limita a scrivere: crea mondi. Nei suoi testi la fragilità diventa dignità, la crisi occasione di metamorfosi. La sua poetica attraversa l'oscurità per restituire luce, e ci ricorda che la cultura non è mai neutra: è sempre un atto di resistenza, rivelazione e trasformazione.

Una voce che sfida la superficialità

Si definisce parte di una "magra generazione degli uomini naturali", ma la sua scrittura dimostra il contrario: la capacità di dare forma a un pensiero che non si piega alla superficialità. Nei suoi interventi emerge una tensione costante verso l'autenticità, verso un linguaggio che non si accontenta di essere decorativo, ma che incide.

Perché metterlo in luce

Mettere in evidenza Giorgiomaria Cornelio significa riconoscere un giovane che ha già compiuto molto. Ha pubblicato e contribuito su riviste culturali di rilievo. Ha intrecciato poesia, arti visive e performance con rara poliedricità. Ha trasformato fragilità e crisi in visione, invitando alla profondità. La sua voce si aggiunge a quelle di Madonia, Pedicone e Prati, componendo un coro di giovani talenti che meritano di essere messi in luce.

I fantastici quattro della Cultura Italiana

Mettere in luce questi giovani non è solo un gesto di sostegno, ma un atto di crescita collettiva. Significa riconoscere che la cultura non è mai solitaria: è un ecosistema che si rinnova, dove la freschezza delle idee incontra la profondità della tradizione. Ogni condivisione diventa semina, ogni parola amplificata diventa terreno fertile per altri. Il rito quotidiano — condividere, sostenere, mettere in evidenza — è una disciplina dell'anima. Non è superstizione, ma pratica di comunità. È un modo per allenare la mente e il cuore a crescere insieme, giorno dopo giorno, sostenendo chi porta coraggio, visione e nuove possibilità.