Elena Granata: la pioniera che ha ridato voce all’architettura come esperienza democratica

17.12.2025


Elena Granata Urbanista Politecnico di Milano
Elena Granata Urbanista Politecnico di Milano

Ci sono figure che non si limitano a interpretare il loro tempo, ma lo trasformano. Elena Granata è una di queste. Urbanista e architetto sui generis, ha scelto di spostare il baricentro della disciplina: non più la forma fisica della città come fine ultimo, ma la vita delle persone, i comportamenti, le relazioni, i desideri che precedono e accompagnano ogni progetto. La sua visione è radicale e insieme semplice: l'architettura non è un linguaggio per pochi, ma un racconto che riguarda tutti. 


La crisi dell'architettura come crisi del vivere

Elena Granata individua un nodo cruciale: la crisi dell'architettura coincide con la crisi del nostro modo di abitare il pianeta. Non è un problema tecnico, ma culturale e sociale. Le città non sono solo spazi costruiti, ma ecosistemi di relazioni, di biodiversità, di vocazioni originarie. Ignorare questa dimensione significa condannare l'architettura a un ruolo marginale, incapace di incidere davvero sulla vita collettiva.

La scrittura come atto di liberazione

Elena Granata non è solo docente e studiosa, ma anche divulgatrice. Nei suoi libri – Biodivercity (2019), Placemaker (2021), Il senso delle donne per la città (2023) – ha scelto di raccontare l'architettura con un linguaggio chiaro, diretto, narrativo. Per lei farsi capire è un dovere morale: gli intellettuali e gli esperti non possono rinchiudersi in un gergo tecnico, devono restituire al pubblico la passione e la forza trasformativa delle idee.

La questione di genere come leva di innovazione

Elena ha così aperto un varco decisivo: la prospettiva femminile come strumento per ripensare la città. Non si tratta di aggiungere nomi di donne a un elenco di architetti, ma di dare voce a un pensiero che cambia l'agenda del discorso pubblico.

  • Rimettere al centro il corpo e le relazioni.

  • Difendere lo spazio pubblico e i beni comuni.

  • Ridefinire l'intimità e lo spazio domestico.

  • Ricostruire la natura e il paesaggio con responsabilità verso il pianeta.

Le donne, escluse per secoli dai grandi cantieri e dalle pianificazioni strategiche, hanno lavorato su temi considerati marginali. Oggi proprio quei temi rivelano la loro potenza innovativa.

Il capitale femminile come risorsa vitale

Granata parla di "capitale femminile": quella dimensione invisibile, relazionale, orizzontale che permette a una società di funzionare, di mantenere equilibrio anche nei momenti di crisi. È un capitale che non si misura in numeri, ma in qualità di vita, in capacità di cura, in resilienza collettiva. Portarlo al centro significa immaginare un nuovo modello di convivenza urbana.

Una carriera come processo di liberazione

La sua biografia professionale è segnata da un ostinato processo di ricerca e liberazione. Per fare carriera ha dovuto dimenticare di essere donna; oggi molte giovani devono dimenticare di fare carriera. È una ferita che diventa denuncia, ma anche energia trasformativa. Elena Granata ha intrecciato insegnamento, divulgazione, militanza civile e responsabilità istituzionali (come il ruolo nella Commissione G7/G20 su Sostenibilità e Forestazione). Ha scelto di uscire dalla zona di comfort, di contaminare l'urbanistica con altre discipline, di sporcarsi le mani con la realtà.

Le sue storie come semi di futuro

Nei suoi libri racconta storie di persone che non hanno atteso che qualcuno aprisse loro la strada, ma hanno trasformato i limiti in opportunità. Sono storie belle, suggestive, che fanno pensare. Sono semi di un nuovo immaginario urbano, capace di restituire fiducia e desiderio di cambiamento.

Una visione democratica e trasformativa

Elena Granata restituisce all'architettura la sua natura democratica: non una disciplina chiusa, ma uno strumento di narrazione e trasformazione collettiva. La città che diventa un organismo vivo, fatto di corpi e desideri, di memorie e immaginari, di conflitti e possibilità.

La sua voce non è solo personale, è corale. È la voce di chi rifiuta di restare nell'angolo, di chi rivendica il diritto di parlare d'altro, e di cambiare l'agenda, di immaginare città aperte, creative, sostenibili. Elena Granata è una pioniera visionaria perché ha scelto di raccontare l'architettura come esperienza di tutti, di ridare dignità ai margini, di trasformare l'esclusione in innovazione.

Il suo messaggio lascia il segno perché non si limita a descrivere: chiama all'azione. Non è solo un pensiero sull'architettura. È un pensiero sul futuro della convivenza umana.




C'è una tribù che infesta i nostri salotti e i social network, "una categoria dello spirito" che si nutre di contraddizione e rancore: i "comunisti senza Rolex". Non sono rivoluzionari, non sono idealisti, e nemmeno autentici difensori della giustizia sociale. Sono moralisti di professione, predicatori di un'etica che non nasce da convinzione, ma...