Archestrato da Gela: il primo gastronomo della storia

12.06.2025

Quando pensiamo alla cucina dell'antica Grecia, immaginiamo banchetti sontuosi, anfore di vino e filosofi che discutono davanti a piatti fumanti. Ma pochi sanno che tra quei filosofi c'era anche qualcuno che fece della cucina un'arte poetica e una scienza ante litteram: il suo nome era Archestrato da Gela, e può essere considerato il padre della gastronomia occidentale.


Chi era Archestrato?

Vissuto nel IV secolo a.C., probabilmente originario di Gela, una colonia greca nella Sicilia sud-orientale, Archestrato era un uomo dai gusti raffinati. Era poeta, viaggiatore e buongustaio, ma soprattutto un precursore: nel suo poema "Hēdypatheia" (in greco, Il piacere del buongustaio), raccontava – in versi eleganti e ironici – i piaceri della tavola, dando consigli su dove trovare il miglior pesce, come cucinarlo, quali vini scegliere e in quali stagioni godere dei cibi migliori.



Se Miteco può essere considerato il primo grande cuoco della storia occidentale, Archestrato da Gela rappresenta il suo perfetto alter ego: meno chef e più viaggiatore, meno cuoco e più filosofo della tavola. La sua figura emerge nel IV secolo a.C. come quella di un gastronomo colto, curioso e profondamente anticonformista, capace di unire l'arte poetica con il sapere culinario.

Originario della città di Gela, anch'essa parte della fiorente Sicilia greca, Archestrato compose il suo capolavoro, l'"Hēdypatheia" (Il piacere del buongustaio), in esametri eleganti e taglienti. Questo poema gastronomico, purtroppo sopravvissuto solo in frammenti grazie alle citazioni di autori posteriori come Ateneo di Naucrati, ci restituisce un'immagine straordinariamente moderna del gusto antico.

Archestrato viaggiava per il mondo greco – dalle coste dell'Asia Minore fino alle isole egee e alla Magna Grecia – alla ricerca dei cibi migliori, dei pesci più freschi, dei metodi di cottura più efficaci, spingendosi persino a indicare con precisione i porti dove trovare i tonni più saporiti o le anguille più grasse. Non amava le sofisticazioni e le salse eccessive: per lui, la qualità degli ingredienti era tutto, da rispettare con preparazioni semplici che ne esaltassero il sapore naturale.

La sua opera fu considerata scandalosa da alcuni, sublime da altri. I suoi versi erano ironici, talvolta mordaci, e spesso criticavano gli eccessi o l'ignoranza culinaria. Fu lodato dai filosofi epicurei, che ne riconoscevano l'affinità con il pensiero del piacere moderato e consapevole, e disprezzato da altri per il suo spirito troppo "godereccio".

Archestrato è, in un certo senso, il primo food critic della storia: giudicava piatti e luoghi, metteva in guardia da cucine mediocri e promuoveva quelle che oggi chiameremmo "eccellenze locali". La sua eredità culturale è tale che il suo nome è ancora oggi usato in Sicilia per identificare progetti gastronomici di qualità, a testimonianza di quanto fosse profonda, già nell'antichità, la consapevolezza dell'isola nel campo alimentare.


Un food blogger dell'antichità?

Se oggi seguiamo chef stellati e influencer del gusto, Archestrato faceva lo stesso… più di 2300 anni fa! Con la differenza che lui viaggiava per tutto il Mediterraneo per assaggiare, valutare e raccontare. Descriveva le specialità di luoghi come Siracusa, Mileto o le coste dell'Asia Minore, criticava chi rovinava il pesce con troppe spezie e lodava la semplicità che esalta i sapori autentici.

In un'epoca in cui la cucina non era ancora considerata "alta cultura", Archestrato osò trattarla con rispetto e ironia, mescolando versi poetici a consigli pratici. Il suo stile era raffinato ma anche provocatorio: alcuni lo accusarono di essere troppo edonista, troppo sensuale… troppo moderno, verrebbe da dire!

Un'eredità che vive ancora oggi

Anche se gran parte del suo poema è andato perduto, i frammenti giunti fino a noi (citati da autori come Ateneo) ci raccontano un mondo in cui il gusto era già cultura. Archestrato ha influenzato filosofi epicurei e ha lasciato un'impronta che ancora oggi ispira chef e appassionati.

Non a caso, il suo nome è tornato a vivere in Sicilia: pizzerie, associazioni culturali e iniziative gastronomiche lo celebrano come simbolo della buona cucina mediterranea e della curiosità intellettuale che trasforma il cibo in un'esperienza, non solo in un bisogno.

Perché dovremmo ricordarlo

In un'epoca in cui siamo bombardati da ricette, showcooking e programmi di cucina, Archestrato ci insegna qualcosa di semplice ma potente: il cibo è cultura. E va assaporato con lentezza, con rispetto per la qualità, con spirito curioso. Proprio come faceva lui.

Archestrato di Gela non era solo un poeta, né solo un buongustaio. Era un visionario che sapeva che, per capire un popolo, bisogna sedersi alla sua tavola.


IN ALTRE PAROLE


Labdaco da Siracusa: il filosofo della tavola

Meno noto al grande pubblico rispetto a Miteco e Archestrato, Labdaco da Siracusa rappresenta tuttavia una figura emblematica per comprendere come, nella Sicilia antica, la gastronomia fosse già oggetto di riflessione intellettuale e culturale.

Vissuto probabilmente tra il IV e il III secolo a.C., Labdaco non fu un cuoco né un poeta, ma un pensatore del gusto, un osservatore critico dei comportamenti alimentari, una sorta di teorico della convivialità. Le notizie su di lui sono scarse e frammentarie, ma le fonti che lo citano – soprattutto Ateneo – lo descrivono come un uomo dalla parola elegante, dallo spirito arguto e dotato di grande finezza nei giudizi, non solo sui cibi, ma sul modo in cui venivano consumati.

A differenza di Archestrato, che cercava l'eccellenza negli ingredienti e nella preparazione, Labdaco era interessato alla dimensione sociale e filosofica del cibo. Era convinto che il modo di mangiare raccontasse molto del carattere di un popolo, della sua moralità, del suo grado di civiltà. In questo senso, può essere considerato uno dei primi a studiare il rapporto tra alimentazione e identità culturale, anticipando di secoli le riflessioni moderne sull'antropologia del cibo.

Secondo alcune testimonianze, Labdaco si soffermava a osservare i banchetti siracusani – spesso opulenti e teatrali – commentando ironicamente gli eccessi e lodando, invece, chi sapeva godere del cibo con misura e intelligenza. Per lui, il gusto era una virtù, non una debolezza: la vera raffinatezza non risiedeva nell'abbondanza, ma nella scelta oculata, nel saper dire di no all'eccesso, e sì alla qualità, al contesto, all'equilibrio.

Tre voci, un'unica tradizione

Con Miteco, Archestrato e Labdaco, la Sicilia greca ci offre un affresco straordinario: la cucina non era solo nutrimento, ma arte, cultura, filosofia. In un'epoca in cui il mondo greco rifletteva sulla bellezza, sull'etica e sulla politica, anche il cibo entrava a pieno titolo nel dibattito culturale. La Trinacria, crocevia di popoli e sapori, non era solo una terra di grandi cuochi, ma anche di pensatori del gusto, capaci di lasciare un'impronta duratura sulla storia della civiltà mediterranea.


A PROPOSITO DI..


La foglia di fico: 

tra mito, salute e cucina


Dalla Genesi al piatto: una storia millenaria

Sin dalle sue prime apparizioni nella Bibbia, la foglia di fico è molto più di un semplice elemento vegetale. Nell'Antico Testamento, Adamo ed Eva se ne servirono per coprire la propria nudità dopo il peccato originale. Da quel momento, l'espressione "con una foglia di fico davanti" è diventata una metafora universale: il simbolo di chi tenta goffamente di mascherare una verità scomoda.

Eppure, questa umile foglia ha molto più da raccontare. Dal simbolismo sacro alle proprietà terapeutiche, fino agli impieghi gastronomici antichi e moderni, la foglia di fico attraversa i secoli con discrezione e sorprendente versatilità.

Un rimedio naturale dai mille usi

Nell'erboristeria tradizionale, le foglie di fico sono un vero scrigno di proprietà benefiche. Usate per secoli dai nostri antenati, si sono rivelate efficaci per trattare diabete, problemi cardiovascolari e malattie muscolari degenerative. Ricche di fibre e potassio, aiutano a ridurre i trigliceridi nel sangue, prevenendo la formazione di placche arteriose e contrastando ipertensione e arteriosclerosi.

Un infuso preparato con mezza foglia di fico in acqua bollente, lasciata in infusione per 20-30 minuti, è utile per tosse, mal di denti e gengive infiammate. In passato, persino il lattice della foglia veniva impiegato per eliminare verruche o come caglio naturale nella produzione di formaggi.

In cucina: sapore, tradizione e creatività

Dal punto di vista gastronomico, la foglia di fico è tutt'altro che secondaria. Usata per avvolgere e aromatizzare pesci, frutta e formaggi, conferisce alle pietanze un profumo inconfondibile, con note di mandorla e nocciola.

Tra gli usi più antichi troviamo quello nella stagionatura dei formaggi in montagna, assieme a foglie di noce o castagno. Gli antichi Romani, invece, avvolgevano l'uva in foglie di fico per creare dolci pacchetti aromatici. In Campania, questa tradizione sopravvive ancora oggi, con involtini di frutta secca preparati durante le festività natalizie.

La ricetta di Archestrato da Gela

Una testimonianza gastronomica eccezionale ci arriva dal IV secolo a.C., grazie al poeta e buongustaio Archestrato di Gela. Considerato un precursore dell'edonismo epicureo e della critica gastronomica, Archestrato ci ha lasciato un frammento poetico in cui descrive la cottura dello sgombro avvolto nella foglia di fico.

Ecco una rielaborazione moderna della ricetta:

Sgombro alla maniera di Archestrato

Ingredienti per 4 persone:

Procedimento:

  1. Sfilettare e spinare gli sgombri, ottenendo 4 filetti.

  2. Lavare e asciugare le foglie di fico.

  3. Disporre i filetti sulle foglie e condire con fior di sale, origano e un filo d'olio.

  4. Richiudere le foglie a pacchetto, girandole con la chiusura verso il basso.

  5. Cuocere sotto cenere (come vuole Archestrato), al barbecue o in forno a 200°C per 15 minuti.

Risultato? Un piatto semplice e delicato, in cui l'aroma delle foglie esalta senza coprire il gusto del pesce azzurro, sano e ricco di omega-3.

Il dolce della memoria: il lonzino di fico

Ma la foglia di fico è anche protagonista di un dolce antico e prelibato: il lonzino di fico, conosciuto anche come lonzetta o salame di fico. Si tratta di un cilindro di fichi secchi tritati e impastati con frutta secca, anice, mistrà o vino cotto, avvolto in foglie di fico e legato come un insaccato. Già descritto da Columella nel I secolo d.C., è oggi presidio Slow Food nelle Marche, in particolare nella zona della Vallesina (Ancona).

Come gustarlo? A fettine, con un pecorino media stagionatura, accanto a prosciutto crudo o – in chiave dolce – con una pallina di gelato o un bicchiere di sapa (sciroppo d'uva cotto), per esaltarne le note di fico caramellato.

Conclusione: l'umiltà che sorprende

La foglia di fico, umile simbolo di pudore biblico, si rivela alleata preziosa in cucina, nella salute e nella tradizione. Un elemento che unisce mito, scienza e gusto, ricordandoci che nella semplicità della natura si cela spesso la più grande ricchezza.



La critica gastronomica ha attraversato profonde trasformazioni nel corso dei secoli, evolvendosi con la cultura, la tecnologia e le abitudini alimentari. Ecco alcune tappe fondamentali:

- Antichità e Medioevo: figure come Archestrato giudicavano cibi e tecniche attraverso la poesia, mentre nel Medioevo i libri di cucina e gli scritti dei monaci indicavano standard di preparazione e consumo.

- Rinascimento e Illuminismo: con l'ascesa delle corti europee, la gastronomia divenne un simbolo di raffinatezza. Nascono i primi trattati gastronomici e si comincia a parlare di cucina con un approccio più sistematico.

- XIX secolo: la stampa e l'editoria danno spazio alla critica culinaria. Si diffondono guide e recensioni, influenzando il gusto e le mode gastronomiche.

- XX secolo: con la nascita delle guide Michelin e l'avvento della televisione, la critica si afferma con stelle, voti e programmi dedicati alla gastronomia.

- XXI secolo: l'era digitale rivoluziona tutto: social media, blog e influencer portano la critica gastronomica ovunque, democratizzando l'accesso alle opinioni culinarie.

Oggi la critica è più varia che mai, con esperti e appassionati che condividono valutazioni in tempo reale. Se Archestrato viaggiava per assaggiare e raccontare, oggi basta uno smartphone per farlo sapere al mondo!


adv



Quando pensiamo alla cucina dell'antica Grecia, immaginiamo banchetti sontuosi, anfore di vino e filosofi che discutono davanti a piatti fumanti. Ma pochi sanno che tra quei filosofi c'era anche qualcuno che fece della cucina un'arte poetica e una scienza ante litteram: il suo nome era Archestrato da Gela, e può essere considerato il padre della...

La migrazione è un atto di coraggio che sgretola le certezze di una vita conosciuta. La sicurezza, intesa come la casa, la lingua, gli affetti, viene messa alla prova. Chi parte cerca un nuovo spazio, ma spesso teme di tradire ciò che ha lasciato. Si ritrova sospeso tra due mondi. Esattamente come nelle relazioni amorose – dove la promessa di...

C'è una storia che sembra uscita da una favola, ma che — vera o no — dice molto più della nostra civiltà di quanto ci piaccia ammettere. Quando un elefante viene trasportato in aereo da un continente all'altro, nella sua gabbia vengono messi dei pulcini. Minuscoli, fragili, innocui.