
Pier Paolo Pasolini, cinquant’anni dopo: il poeta che non smette di parlarci
Cinquant'anni dopo la sua tragica scomparsa, Pier Paolo Pasolini resta una voce viva, scomoda, necessaria. Un intellettuale che ha attraversato il Novecento con la forza di chi non ha mai smesso di interrogarsi e di interrogare il mondo. Oggi, nel 2025, l'Italia lo celebra con eventi, mostre, musica e parole, ma soprattutto con il bisogno profondo di ritrovare il suo sguardo.
Un uomo controcorrente, sempre contemporaneo
Pasolini fu poeta, regista, romanziere, saggista, pittore, polemista. Ma più di tutto fu coscienza inquieta di un Paese che cambiava troppo in fretta e troppo superficialmente. Nato nel 1922, cresciuto tra Casarsa e Bologna, visse Roma come un laboratorio umano e sociale. Nei suoi film e nei suoi scritti, Pasolini cercò l'autenticità nei margini, nei dialetti, nei corpi, nella povertà, nella sacralità del quotidiano. La sua morte, avvenuta nella notte tra l'1 e il 2 novembre 1975 all'Idroscalo di Ostia, resta ancora oggi avvolta nel mistero. Ma ciò che non è mai stato oscuro è il suo lascito: un pensiero lucido, profetico, che ha anticipato le derive del consumismo, della televisione, della perdita di senso.
Le celebrazioni del 2025: arte, memoria, emozione
Nel cinquantesimo anniversario, l'Italia si è stretta attorno alla sua memoria. A Ostia, il Festival delle Passeggiate ha trasformato il litorale romano in un percorso poetico tra musica e parole. A Milano, una mostra alla Kasa dei Libri ha esposto edizioni rare e testimonianze della sua opera. A Roma, un quadrangolare di calcio ha celebrato la sua passione per lo sport, con Ninetto Davoli che lo ha ricordato "correre come un aereo".
Commovente l'uscita di Musica per una fine, un'opera inedita che unisce la voce di Pasolini alla musica di Ennio Morricone. Il brano, rimasto nascosto per venticinque anni, è un dialogo tra due giganti dell'arte italiana.
Pasolini oggi: un pensiero che ci sfida
Pasolini non è un'icona da venerare, ma un pensiero da affrontare. Le sue parole su "gli italiani" e sul potere, sulla gioventù e sulla modernità, risuonano oggi con una forza che inquieta e illumina. La sua capacità di vedere oltre il presente, di cogliere le contraddizioni, lo rende per sempre contemporaneo e attuale. In un tempo di semplificazioni e algoritmi, Pasolini ci ricorda il valore della complessità, della poesia, della sacralità dell'umano e dello spirito. Cinquant'anni dopo, non lo abbiamo ancora raggiunto. Ma continuiamo a camminare con lui.
Io so. Ma non ho le prove. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che si scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace.
Pasolini, il pensiero che ci sfida ancora
Pier Paolo Pasolini non è una reliquia del Novecento, ma una presenza viva, un pensiero che ci interroga, ci provoca, ci costringe a guardare oltre le superfici. Non è un'icona da venerare, perché la sua eredità non si presta alla pacificazione del mito: è una ferita aperta, una voce che continua a disturbare il sonno delle coscienze. Pasolini ha parlato degli italiani con una lucidità che oggi suona profetica. Ha denunciato l'omologazione culturale, la distruzione delle identità popolari, l'avanzata di un potere che non si mostra ma agisce, silenzioso e pervasivo. Ha visto nella modernità non solo progresso, ma perdita: perdita di senso, di sacralità, di poesia. E ha avuto il coraggio di dirlo, anche quando significava essere solo. La sua gioventù non fu mai anagrafica, ma intellettuale: fu la giovinezza di chi rifiuta di adattarsi, di chi cerca la verità anche quando fa male. E oggi, in un tempo dominato dagli algoritmi, dalle semplificazioni, dalle risposte facili, Pasolini ci ricorda che l'umano è complesso, contraddittorio, sacro. Che la poesia non è ornamento, ma resistenza. Cinquant'anni dopo la sua morte, non lo abbiamo ancora raggiunto. Le sue parole ci precedono, ci guidano, ci mettono in crisi. Ma continuiamo a camminare con lui, perché Pasolini non è il passato: è il futuro che ci chiede di essere all'altezza.
Pier Paolo Pasolini: una vita contro
Pier Paolo Pasolini nacque il 5 marzo 1922 a Bologna, figlio di un ufficiale monarchico e di una maestra elementare profondamente cattolica. Cresciuto tra il Friuli e l'Emilia, fu segnato fin da giovane da una tensione tra mondi opposti: il sacro e il profano, la tradizione e la ribellione, la bellezza e la ferita. Dopo gli studi universitari, si trasferì a Roma, dove trovò nei sobborghi e nelle borgate il cuore pulsante di un'Italia dimenticata, che divenne protagonista dei suoi romanzi e dei suoi film.
Poeta precoce, scrittore visionario, regista rivoluzionario, Pasolini fu anche un intellettuale militante, capace di sfidare il potere e le convenzioni con una lucidità feroce. La sua opera attraversa generi e linguaggi, ma conserva sempre una coerenza profonda: quella di chi cerca la verità, anche quando è scomoda. Morì assassinato nella notte tra l'1 e il 2 novembre 1975, all'Idroscalo di Ostia, in circostanze mai del tutto chiarite.
Cinquant'anni dopo, la sua voce continua a risuonare. Pasolini non è solo un autore da studiare, ma un uomo da ascoltare. Perché in ogni sua parola c'è ancora una domanda che ci riguarda.

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