L’illusione delle parole e la fine della fiducia nell’uomo

17.08.2025

L'EDITORIALE
di Abel Gropius


Non sarebbe cambiato molto. Che si fosse scelto Leone, Zuppi o Pizzaballa, la sostanza non avrebbe subito scosse. Le parole, se non incarnate da azioni concrete, restano soltanto parole: suoni che si disperdono nell'aria, come fumo d'incenso che profuma per un istante e poi svanisce. È questa la tragedia della nostra epoca: la retorica ha divorato la realtà.

Viviamo di discorsi, di dichiarazioni, di proclami. L'uomo moderno è diventato un animale verbale, che confonde la potenza del dire con la forza del fare. Ma il linguaggio, senza azione, non è che un guscio vuoto, un'eco sterile che si ripete in navate ormai vuote di fede, di coraggio, di coerenza. E noi, spettatori stanchi, non possiamo più fingere di crederci.

Ho smesso di credere nell'uomo, non per cinismo gratuito, ma perché la prova è sotto gli occhi di tutti. Le grandi figure, religiose o politiche, non incarnano più un orizzonte: lo promettono, lo descrivono, lo recitano. Ma non lo realizzano. L'uomo, in questo senso, si è rivelato fragile fino all'impotenza. Non riesce a tenere fede a se stesso, non sa dare carne alle proprie visioni, e così condanna le sue stesse parole a dissolversi.

La vera crisi non è economica, né geopolitica: è ontologica. È la frattura insanabile tra linguaggio e vita, tra il dire e l'essere. Quando questa distanza diventa incolmabile, non resta che il disincanto. Non resta che la consapevolezza amara che i discorsi dell'uomo non cambiano più nulla.

Forse, allora, l'unica via d'uscita è smettere di aspettare "salvatori in parola" e riconoscere che il silenzio, a volte, pesa più di mille proclami. Forse è lì, nel vuoto lasciato dalle parole disattese, che si nasconde la possibilità di un gesto autentico. Non so se accadrà. Ma fino ad allora, io non credo più nell'uomo.



C'è un'immagine che non smette di bruciare: "i carnefici con la planimetria nel becco". Non più solo armi, ma mappe, modelli, algoritmi. Non più solo distruzione, ma gestione. Il genocidio non è più un'eccezione: è un protocollo. E il piano di pace presentato da Donald Trump alla Casa Bianca, accettato da Israele e benedetto da governi europei, ne...

Quando la memoria diventa diplomazia, smette di essere ferita e diventa strumento. L'Olocausto, che dovrebbe essere un monito eterno contro ogni forma di razzismo e sterminio, viene talvolta piegato a giustificare politiche di esclusione, di segregazione, persino di guerra. In questo rovesciamento, il ricordo non è più un argine etico, ma un...