L’abbraccio di Wounda: il volto animale della dignità

02.10.2025

Nel 2013, in una foresta protetta della Repubblica del Congo, accadde qualcosa che sfuggiva a ogni protocollo scientifico. Una scimpanzé, salvata da anni di detenzione illegale, malata e denutrita, venne liberata dopo un lungo periodo di cure. Il suo nome era Wounda, che in lingua bantu significa "vicina alla morte". Ma quel giorno, prima di correre via nella libertà, Wounda si fermò. Scese dalla cassa di trasporto, si voltò, guardò Jane Goodall, la donna che aveva reso possibile la sua rinascita, e la strinse in un abbraccio intenso e dolcemente prolungato. 
Non era un gesto addestrato. Non era un riflesso. Era qualcosa di più: un atto di riconoscimento. Un ponte tra specie.


Con immensa tristezza, il mondo saluta in queste ore Jane Goodall, una delle figure più luminose e rivoluzionarie del pensiero scientifico e ambientale. Scomparsa all'età di 91 anni, mentre si trovava in California per un ciclo di conferenze, Jane Goodall ha incarnato per oltre sei decenni una visione radicale e compassionevole del rapporto tra umano e animale, tra scienza e coscienza.

La sua voce, mite e ferma, ha insegnato che osservare non basta: bisogna riconoscere. Che gli scimpanzé non sono oggetti di studio, ma soggetti di relazione. Che la natura non è un paesaggio da contemplare, ma una comunità da proteggere. Con un binocolo, un taccuino e una pazienza fuori dal comune, Jane ha riscritto il modo in cui guardiamo gli altri esseri viventi — e, di riflesso, noi stessi.

La sua eredità non è solo scientifica, ma etica, poetica, politica. Ha fondato istituti, programmi educativi, santuari. Ha parlato ai potenti e ai bambini, sempre con la stessa urgenza: salvare ciò che resta, seminare ciò che può rinascere.

Oggi, mentre il mondo piange la sua assenza, resta il suo abbraccio — quello ricevuto da Wounda, la scimpanzé che prima di correre nella libertà, si fermò per stringerla. Un gesto che racchiude tutto: gratitudine, affetto, riconoscimento. Un ponte tra specie. Un segno che la scienza, quando è guidata dall'amore, può diventare rivoluzione.

Grazie, Jane. Per averci insegnato che la speranza non è un sentimento, ma una scelta. Questo articolo a te dedicato, vuole essere il nostro umile omaggio alla tua immensa opera.



Oltre l'istinto: la cultura animale

Per decenni, la scienza ha osservato gli animali come oggetti di studio. Li ha misurati, testati, isolati. Ha ridotto il loro comportamento a istinto, a risposta automatica. Ma Jane Goodall ha scardinato questa visione. Con pazienza, rispetto e presenza, ha mostrato che i primati non sono solo corpi in movimento, ma soggetti in relazione. Hanno memoria, affetto, gerarchie, rituali. Hanno cultura.

La cultura animale non è una copia sbiadita di quella umana. È un sistema di significati, trasmesso e appreso, che modella il comportamento. Gli scimpanzé usano strumenti, si consolano, si vendicano, si prendono cura dei malati. E, come Wounda, sanno riconoscere chi li ha salvati.

L'errore dell'antropomorfismo e la verità del riconoscimento

C'è chi liquida questi gesti come antropomorfismo: la proiezione di emozioni umane su creature non umane. Ma l'abbraccio di Wounda non è una fantasia sentimentale. È un fatto. È stato filmato, documentato, analizzato. E soprattutto, è stato sentito. Da chi lo ha ricevuto, da chi lo ha visto, da chi lo ha capito.

Il riconoscimento non è esclusiva dell'uomo. È una dinamica relazionale che attraversa le specie. È la capacità di vedere l'altro come soggetto, non come oggetto. Di rispondere alla cura con gratitudine. Di trasformare la sopravvivenza in alleanza.



Una vita vera per Wounda, scimpanzé strappata al traffico illegale di specie che affligge il paese. Dopo il suo sequestro da parte delle autorità congolesi finalmente Wounda, scimpanzé femmina in pericolo di estinzione, è rilasciata a Tchimpounga, il Santuario per scimpanzé del JGI in Congo. 


La scienza che ascolta

Jane Goodall ha reso la scienza più umana non perché ha umanizzato gli animali, ma perché ha animalizzato la scienza. Ha insegnato che osservare non basta: bisogna ascoltare. Che misurare non è sufficiente: bisogna comprendere. Che il sapere non è neutro: è sempre situato, incarnato, relazionale.

Il suo lavoro ha aperto la strada a una nuova etologia, capace di riconoscere la soggettività animale. E ha posto una domanda che ci riguarda tutti: se gli animali sono capaci di relazione, di memoria, di cultura, allora che tipo di responsabilità abbiamo nei loro confronti?

Verso una nuova alleanza

L'abbraccio di Wounda non è solo un gesto commovente. È un manifesto. È la prova che tra umano e animale non c'è solo distanza, ma possibilità. Possibilità di cura, di dialogo, di coesistenza. È il segno che la dignità non è una prerogativa della nostra specie, ma una qualità che può essere riconosciuta, condivisa, protetta.

In un mondo che distrugge habitat, mercifica corpi e ignora sofferenze non umane, quell'abbraccio ci interroga. Ci chiede di ripensare il nostro posto nel vivente. Di smettere di dominare e iniziare a convivere. Di riconoscere che la libertà, per essere vera, deve essere reciproca.



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