Il silenzio degli alberi: il legame perduto dei Paesi ricchi

09.11.2025

Secondo Miles Richardson, docente all'Università di Derby e co-autore dello studio, la connessione con la natura non è solo una questione di comportamenti ecologici, ma anche di emozioni, pensieri e valori. Dove la spiritualità è più radicata, il legame con l'ambiente è più profondo. Al contrario, le società dominate da razionalità, economia e scienza tendono a distanziarsi dal mondo naturale. In un'epoca dominata dalla tecnologia, dal progresso e dalla velocità, il nostro rapporto con la natura sembra essersi incrinato. Nonostante viviamo in società sempre più avanzate, con accesso a comfort e conoscenze impensabili fino a pochi decenni fa, qualcosa di essenziale ci sta sfuggendo: il senso di appartenenza al mondo vivente che ci circonda. Il rapporto di studio è stato pubblicato su Springer Nature da un team internazionale guidato dal professor Miles Richardson. Analizza la connessione con la natura in 61 Paesi, coinvolgendo oltre 57.000 persone ed evidenzia come le società più ricche e tecnologiche mostrino una minore connessione emotiva, spirituale e culturale con la natura rispetto a quelle meno industrializzate.



Un recente studio internazionale ha messo in luce un paradosso: i Paesi più ricchi e tecnologicamente sviluppati sono anche quelli che mostrano il legame più debole con la natura. Non si tratta solo di comportamenti ecologici o di politiche ambientali, ma di una dimensione più profonda, emotiva e spirituale. Sentirsi parte della natura significa riconoscere che non siamo al di sopra di essa, ma dentro di essa. Significa percepire il vento non solo come un fenomeno atmosferico, ma come un messaggero che ci attraversa. Significa guardare un albero e non vederlo come un oggetto, ma come un essere vivente con cui condividiamo il pianeta.

Questa connessione, secondo gli studiosi, è influenzata da fattori culturali, economici e sociali. Dove la spiritualità è più forte, il legame con la natura tende a essere più radicato. Al contrario, nelle società dominate dalla razionalità, dalla scienza e dall'economia, si manifesta una certa distanza dal mondo naturale. L'urbanizzazione, l'uso intensivo della tecnologia e l'alto reddito medio contribuiscono ulteriormente a questa separazione, allontanando le persone dall'esperienza diretta con l'ambiente.

Eppure, il bisogno di natura è inscritto nella nostra biologia. Il contatto con il verde, con gli spazi aperti, con gli elementi naturali, ha effetti benefici sulla salute mentale, sulla creatività, sul benessere generale. Non è un lusso, ma una necessità. E proprio per questo, in un mondo che corre, dovremmo imparare a rallentare. A contemplare invece di consumare. A partecipare invece di possedere.

In Italia, nonostante la ricchezza paesaggistica e la varietà di ecosistemi, il legame con la natura appare debole. Forse perché la bellezza è data per scontata, forse perché la frenesia della vita moderna ha preso il sopravvento. 

Ma c'è ancora tempo per invertire la rotta. Per riscoprire il valore del silenzio, della lentezza, della meraviglia. Per tornare a sentirci parte di un tutto più grande, che non ci appartiene, ma a cui apparteniamo.

La natura non chiede di essere capita. Chiede di essere vissuta.


La connessione con la natura: 

un legame che i Paesi più ricchi stanno perdendo 

Un ampio studio internazionale, condotto su 57mila persone in 61 Paesi, ha messo in luce un dato sorprendente: le società più ricche e tecnologicamente avanzate sembrano aver perso il loro legame più profondo con la natura. 

Gli esperti hanno infatti stilato una classifica mondiale della "connessione con la natura", misurando quanto ciascun popolo si senta parte del mondo vivente che lo circonda. In cima alla classifica spiccano Paesi come il Nepal (1.386), Iran (1.215) e Sudafrica (1.200), dove il rapporto con l'ambiente risulta ancora forte e radicato. All'estremo opposto troviamo invece Spagna (-0,613), Giappone (-0,391) e Israele (-0,303), considerati i meno connessi con la natura. Nel complesso sono stati valutati 63 territori, includendo anche la Gran Bretagna – utilizzata come Paese di riferimento con valore zero – e la Palestina. L'Italia si colloca soltanto al 44º posto, segno di una relazione con la natura piuttosto debole. In Europa, la Croazia è la nazione che mostra il legame più forte (settima), mentre fuori dal continente spiccano il Brasile (undicesimo), dove si terrà a breve la COP30 sul clima, la Palestina (dodicesima) e la Cina (trentaseiesima). 

Lo studio ha analizzato come la nostra connessione con la natura sia influenzata da fattori sociali, economici, culturali e geografici. Secondo gli autori, sentirsi parte dell'ambiente non è solo una questione di comportamenti, ma anche di emozioni, pensieri e valori. Una maggiore connessione, spiegano, porta benessere psicologico e rispetto per l'ambiente, mentre livelli più bassi sono associati a fenomeni di degrado, perdita di biodiversità e disuguaglianze. Uno degli autori principali, Miles Richardson, docente all'Università di Derby e studioso del rapporto uomo-natura, sottolinea un punto chiave: la spiritualità delle persone e dei popoli è un indicatore decisivo. Dove la spiritualità è più forte, anche la connessione con la natura tende a esserlo. 

Al contrario, nelle società dominate da scienza, razionalità ed economia, si manifesta una certa distanza dal mondo naturale. A peggiorare la situazione contribuiscono inoltre l'urbanizzazione, l'uso intensivo di Internet e l'alto reddito medio: fattori che spesso allontanano le persone dall'esperienza diretta della natura. Come spiega Richardson, "la connessione con la natura non riguarda solo ciò che facciamo, ma anche il modo in cui ci sentiamo e diamo valore al nostro posto nel mondo vivente". Riguardo alla Gran Bretagna, che si colloca nella parte bassa della classifica, il professore non si dice sorpreso: "Siamo diventati una società più razionale, economica e scientifica. Questo ha portato molti benefici, ma ha anche creato problemi imprevisti. Dovremmo chiederci come reintegrare il pensiero naturale nel nostro mondo altamente tecnologico". 

Per migliorare la relazione tra cittadini e natura, gli autori dello studio propongono di riconoscere giuridicamente i diritti della natura, inserendoli nelle leggi, e di promuovere azioni concrete per la tutela della biodiversità. Inoltre, suggeriscono di valorizzare l'importanza dell'ambiente anche nei trattamenti di salute pubblica, inclusa quella mentale. Non si tratta solo di creare nuovi parchi nelle città, ma di rafforzare in profondità il legame con la natura nelle società urbanizzate — un passo fondamentale, conclude Richardson, per ritrovare equilibrio e rispetto verso il mondo che ci ospita.



Secondo Miles Richardson, docente all'Università di Derby e co-autore dello studio, la connessione con la natura non è solo una questione di comportamenti ecologici, ma anche di emozioni, pensieri e valori. Dove la spiritualità è più radicata, il legame con l'ambiente è più profondo. Al contrario, le società dominate da razionalità, economia e...

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