
I beni superflui rendono superflua la vita: una riflessione sull’essere, il desiderio e la dissoluzione del senso
L'EDITORIALE DI ABEL GROPIUS
Nel tempo dell'eccesso, il necessario è rivoluzionario. Pasolini lo intuì con ferocia: l'uomo che si abbandona ai beni superflui smarrisce il senso della propria esistenza. Non è solo una questione economica, ma ontologica. La vita, privata del limite, si svuota di urgenza. Il desiderio, addomesticato, si trasforma in fame di immagini. Il corpo, anestetizzato, non sente più il dolore né la bellezza. Questo editoriale è un invito a disertare la festa del superfluo. A tornare al silenzio, alla lentezza, alla parola che salva. A riscoprire il limite come forma, il bisogno come verità, il desiderio come resistenza. Isla Media si fa spazio necessario: luogo dove il pensiero non è decorativo, ma vitale. Dove la bellezza non è consumo, ma rivelazione. Dove la vita non è superflua, ma sacra.
I. Prologo: il grido di Pasolini
Nel cuore degli Scritti corsari, Pier Paolo Pasolini lancia un monito che risuona come una sentenza ontologica: "I beni superflui rendono superflua la vita". Non è una semplice invettiva contro il consumismo, né una nostalgia per un mondo pre-industriale. È una diagnosi esistenziale, una radiografia dell'anima collettiva nel momento in cui il desiderio si dissocia dal bisogno, e l'abbondanza si trasforma in anestesia.
Pasolini non denuncia solo l'eccesso materiale, ma la mutazione antropologica che ne deriva: l'uomo che non sa più distinguere tra ciò che è necessario e ciò che è accessorio, tra ciò che nutre e ciò che distrae, tra ciò che salva e ciò che seduce. In questa confusione, la vita stessa perde la sua urgenza, il suo carattere sacro, la sua necessità.
II. L'ontologia del superfluo
Che cos'è il superfluo? Non semplicemente ciò che eccede il necessario, ma ciò che si impone come desiderabile pur non essendo vitale. Il superfluo è l'ornamento che si fa obbligo, il lusso che si traveste da diritto, il piacere che si camuffa da identità.
In una società fondata sull'accumulazione e sulla spettacolarizzazione del consumo, il superfluo diventa il nuovo fondamento dell'essere. Non si è più ciò che si è, ma ciò che si possiede, ciò che si mostra, ciò che si consuma. L'identità si dissolve nel catalogo, la dignità si misura in pixel, il tempo si frammenta in attimi di gratificazione.
Ma se il superfluo diventa norma, il necessario diventa invisibile. La fame, la solitudine, la morte, la verità: tutte le esperienze fondamentali dell'umano vengono occultate, rimosse, derise. La vita, privata del suo dramma, si trasforma in una sequenza di simulacri.
III. Il desiderio addomesticato
Il desiderio, in origine, è forza creativa, tensione verso l'altro, apertura al mistero. Ma nel regime del superfluo, il desiderio viene addomesticato, reso prevedibile, incanalato in percorsi di consumo. Non si desidera più ciò che manca, ma ciò che è offerto. Non si cerca più l'alterità, ma la conferma. Il desiderio non è più inquietudine, ma algoritmo.
In questo processo, l'uomo perde la sua capacità di interrogarsi, di scegliere, di resistere. Diventa spettatore di sé stesso, consumatore del proprio vuoto, cliente della propria alienazione. Il desiderio, privato della sua radicalità, si trasforma in bisogno indotto, in fame di immagini, in dipendenza da distrazioni.
IV. La dissoluzione del limite
Il limite è ciò che ci definisce: il corpo, la morte, il tempo, la parola. Ma la società del superfluo è una società che odia il limite. Vuole l'illimitato, l'infinito, l'espansione continua. Vuole superare la morte, il dolore, la vecchiaia, la noia. Vuole tutto, subito, senza conseguenze.
In questa fuga dal limite, l'uomo perde il senso della misura, e con esso il senso della vita. Perché vivere è accettare il limite, è danzare con la finitudine, è dare forma al tempo. Senza limite, non c'è forma; senza forma, non c'è senso.
Pasolini lo sapeva: il vero scandalo non è la povertà, ma l'abolizione del limite. Il vero pericolo non è la mancanza, ma l'eccesso. Il vero nemico non è la fame, ma l'indigestione.
V. La pedagogia del necessario
Contro la pedagogia del superfluo, Pasolini invoca una pedagogia del necessario. Non una morale ascetica, ma una riscoperta della verità. Una verità che non si compra, non si vende, non si pubblicizza. Una verità che si vive, si soffre, si contempla.
Questa pedagogia non si fonda sul divieto, ma sulla rivelazione. Rivela che il silenzio è più profondo del rumore, che la lentezza è più intensa della velocità, che la parola è più potente dell'immagine. Rivela che il necessario non è ciò che basta, ma ciò che salva.
VI. Epilogo: la vita come resistenza
"I beni superflui rendono superflua la vita". Ma la vita non è superflua. È fragile, urgente, irripetibile. È ferita e promessa. È domanda e risposta. È limite e desiderio.
Resistere al superfluo non significa rinunciare alla bellezza, ma scegliere la verità. Non significa vivere nel dolore, ma vivere nel senso. Non significa negare il mondo, ma abitarlo con coscienza.
Pasolini ci invita a una rivoluzione dell'anima: a tornare al necessario, a riscoprire il limite, a riaccendere il desiderio. Non per nostalgia, ma per salvezza. Non per moralismo, ma per amore.
Perché solo ciò che è necessario è anche eterno.
IN ALTRE PAROLE..
Contro l'abbondanza: il ritorno al necessario
Nel tempo dell'eccesso, il necessario è rivoluzionario. Pasolini lo intuì con ferocia: l'uomo che si abbandona ai beni superflui smarrisce il senso della propria esistenza. Non è solo una questione economica, ma ontologica. La vita, privata del limite, si svuota di urgenza. Il desiderio, addomesticato, si trasforma in fame di immagini. Il corpo, anestetizzato, non sente più il dolore né la bellezza. Questo editoriale è un invito a disertare la festa del superfluo. A tornare al silenzio, alla lentezza, alla parola che salva. A riscoprire il limite come forma, il bisogno come verità, il desiderio come resistenza. Isla Media si fa spazio necessario: luogo dove il pensiero non è decorativo, ma vitale. Dove la bellezza non è consumo, ma rivelazione. Dove la vita non è superflua, ma sacra.
Destinatari: Mosche bianche, giovani sensibili, educatori radicali, artisti in formazione

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