La musica non è solo suono: è materia viva che media tra il corpo, la società e l'anima, portatrice di una verità sospesa tra l'esperienza individuale e la trama collettiva in cui siamo immersi. Non esiste un confine netto tra chi ascolta e il mondo che lo circonda: la musica plasma e viene plasmata, governa e sommerge, disegna contorni di...
Quello che la musica può essere
La musica non è solo suono: è materia viva che media tra il corpo, la società e l'anima, portatrice di una verità sospesa tra l'esperienza individuale e la trama collettiva in cui siamo immersi. Non esiste un confine netto tra chi ascolta e il mondo che lo circonda: la musica plasma e viene plasmata, governa e sommerge, disegna contorni di identità, risveglia l'intimità e attenua la tensione sociale.
Come ha mostrato Pierre Bourdieu, il gusto non è genetico né neutro: riflette e rinforza la nostra posizione nel tessuto sociale – le scelte musicali rivelano appartenenza a uno stato, riflettono classi, storie, aspirazioni. Un ascoltatore di jazz potrebbe non solo apprezzarne le qualità estetiche: attraverso quel suono parla della sua storia, delle sue lotte e del suo bisogno di sentirsi parte di una comunità. Identicamente, la musica "colta" funge da segno di distinzione, un rosario di simboli intorno a cui costruire l'io culturale.
Eppure, ridurre la musica a espressione di condizione sociale sarebbe operazione sterile. Antoine Hennion mostra che la musica ha un'efficacia attiva: crea affezioni, relazioni, mondi sensibili che nascono nell'incontro tra l'opera e l'ascoltatore, sospendendo la rigida separazione tra soggetto e oggetto . È attraverso quelle relazioni che nascono le tecniche interiori di ascolto, la capacità di adattarsi e di trasformarsi attraverso un frammento melodico, un ritmo, un assolo.
All'interno della filosofia della musica, hanno dialogato modello cognitivista e fenomenologico, corpo e mente, percezione e pensiero. Non si ascolta con le orecchie soltanto, ma con la pelle e l'immaginazione: ogni tensione armonica o caduta ritmica scioglie corde emozionali, muove il respiro, condensa idee senza parole. Non è semplice evasione, ma esperienza pienamente concreta: sensoriale e intellettuale, corporea e trascendente.
Theodor Adorno, nel tracciare l'autonomia dell'arte moderna, individuava nella musica dissonanze che riflettono la contraddizione interna alla società capitalistica: la musica esprime la verità più profonda nel suo rapporto dialettico con il contesto. La sua critica all'industria culturale non respingeva la musica di massa tout court, ma avvertiva che la riproducibilità tecnica tende a soffocare l'aura dell'arte, piegando l'originale al conformismo e alla riproduzione rituale.
E Walter Benjamin, nel suo celebre saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, mostrava che questo stesso processo – la dissoluzione dell'unicità – può però emancipare l'arte, liberandola da un culto elitario ed aprendo spazi di ricezione creativa e critica. In quell'apertura si genera una nuova aura: quella di un'esperienza condivisa, collettiva, che sfida il distacco rituale ridando potere all'ascolto attivo.
La socio-musicologia di Simon Frith, applicata al rock e alla pop music, mostra come la musica sia insieme spazio personale e teatro di identità sociali. Gli stili, i testi, le performance sono tessere che compongono storie – individuali, generazionali, politiche. Ogni canzone può essere vettore di resistenza, di dissonanza rispetto al presente, ma anche strumento di coesione e integrazione, collante fra comunità che altrimenti non si parlerebbero.
E ancora: Michael Steinberg ha insegnato che la musica occidentale tra Sette e Ottocento ha contribuito a forgiare la moderna soggettività: quell'io pensante, emozionale, mandato oltre se stesso, teso fra autonomia individuale e identità collettiva (nazionale, religiosa). È stata forma culturale e insieme formazione dell'anima moderna, leggibile nelle sinfonie, nelle opere, nei cori popolari.
Nel presente, la musica rimane catalizzatrice di "tensioni" e catarsi. All'incontro tra individui diversi, in spazi improvvisati o rituali – nel ballo, nel canto comunitario, nella protesta – scopriamo che la musica scioglie ansie, dissidi interiori, paure, dando nuove connessioni al corpo e alla mente. Creatività e interpretazione si fondono, generando allenamento emotivo, empatico, sociale: in quel campo si ridefiniscono ruoli, si elaborano conflitti, si costruiscono fili di solidarietà.
In ultima analisi, la musica non è né pura evasione né massificazione consumerista, e nemmeno mero oggetto estetico. È processo vivo: socio-politico, corporeo, spirituale. Agisce sulle relazioni tra le persone, tra individuo e società, tra presente e memoria, tra conscio e inconscio. Dissolve il conflitto interiore ma lo persuade all'azione, scioglie la distanza tra soggetto e comunità, tra corpo e mente, tra estetica e politica.
Accogliere la musica significa accettare di vibrare insieme a un sogno collettivo, di entrarci dentro, di lasciarsi (ri)formare. Non come fuga da sé, ma come tesoro di coesione, come via di auto-rinnovamento, come risoluzione – in note, ritmi, accordi – dell'alternanza tormentata tra l'Io e il mondo. In quel miracolo, l'animo umano ritrova armonia in mezzo al disordine, ed è allora che la musica dimostra di essere davvero emblema supremo delle arti e dei sensi.
Il coraggio di invecchiare
scritto da Abel Gropius
SU AWARENESS
Cresciamo spesso con il cuore diviso, tirato tra due luoghi che fingono di appartenersi e due anime che faticano a incontrarsi. Quando si arriva al Vomero – un quartiere ordinato, elegante ma privo di odori, voci, volto – si sperimenta uno straniamento che non si riesce a spiegare. Le stanze sono luminose ma sembrano vuote, il marmo nei bagni...