In un mondo che, troppo spesso, cerca di nascondere la sofferenza sotto un tappeto di distrazioni, un seme di consapevolezza, a volte, cresce e si fa strada tra le crepe della nostra indifferenza. Scrolliamo i nostri schermi, mentre notizie di tragedie scorrono rapide come se fossero rumore di fondo, assorbite e dimenticate nello spazio di un...
Non possiamo ignorare l'ombra delle cose
In un mondo che, troppo spesso, cerca di nascondere la sofferenza sotto un tappeto di distrazioni, un seme di consapevolezza, a volte, cresce e si fa strada tra le crepe della nostra indifferenza. Scrolliamo i nostri schermi, mentre notizie di tragedie scorrono rapide come se fossero rumore di fondo, assorbite e dimenticate nello spazio di un istante. Eppure, ci sono momenti in cui il peso della realtà ci costringe a fermarci. Uno di questi è Gaza.
Gaza è un nome che porta con sé immagini di devastazione, di vite spezzate, di un conflitto che sembra non avere fine. Non è solo un luogo: è una ferita aperta sul corpo del mondo, un monito di ciò che accade quando l'umanità si perde nel buio della violenza e dell'indifferenza. Parlare di Gaza, per noi che viviamo lontani, al sicuro nelle nostre case, è un atto che richiede coraggio.
Ma non parlarne è un tradimento.
Non possiamo ignorare l'ombra delle cose. Cose intese come carne viva che si frappone tra la bellezza e la tragedia di questa umanità. Parlare di Gaza, per noi che viviamo lontani, al sicuro nelle nostre case, è un atto che richiede coraggio. Ma non parlarne è un tradimento.
Questa mattina, ho raccontato a mio figlio tredicenne di Gaza. Mi sono seduto con lui a colazione, il tavolo imbandito di piccole normalità: un bicchiere di latte, un pezzo di pane, il sole che filtrava dalla finestra. Gli ho detto che, per quanto difficile, è nostro dovere condividere ciò che sappiamo. Non possiamo proteggere i più giovani da tutto. Non dobbiamo farlo.
Viviamo nell'illusione che i bambini debbano essere tenuti al riparo dal dolore del mondo, chiusi in una bolla di spensieratezza. Ma questa bolla è una trappola. Crescendo, li lascia impreparati alla complessità, incapaci di affrontare l'ingiustizia. Se vogliamo che il mondo cambi, dobbiamo abbattere questa bolla. Dobbiamo raccontare, spiegare, coinvolgere. Perché solo guardando in faccia l'ombra si può comprendere il valore della luce.
Non è facile parlare di Gaza, di guerra, di dolore. Non è facile guardare negli occhi un ragazzo e dirgli che il mondo non è solo bellezza, che ci sono parti di esso dove la bellezza è stata calpestata. Ma è necessario. Perché la vera bellezza non è l'assenza di sofferenza; è il coraggio di affrontarla, di accoglierla, di trasformarla in qualcosa di nuovo.
Noi adulti abbiamo una responsabilità. Non possiamo chiudere gli occhi davanti alla sofferenza, né lasciare che i giovani crescano pensando che il loro ruolo sia solo quello di spettatori. Dobbiamo renderli protagonisti. Dobbiamo mostrare loro che la vita è fatta anche di lotta, di empatia, di scelte difficili. Dobbiamo insegnare loro che non si può costruire un mondo migliore senza prima riconoscere il peso di quello che non funziona.
Parlare di Gaza non significa solo raccontare una storia di guerra. Significa parlare di umanità, di responsabilità, di speranza. Significa dire ai nostri figli che, anche di fronte all'orrore, possiamo fare qualcosa. Possiamo ascoltare, possiamo agire, possiamo cambiare.
Non possiamo permettere che Gaza diventi solo un nome tra tanti, una tragedia tra le altre. Dobbiamo farne memoria, farne un punto di partenza. Perché la bellezza della vita è possibile solo se siamo disposti a portare il peso delle sue ombre. Solo se insieme, tutti insieme, decidiamo che queste ombre non ci definiranno.
Il mondo non cambierà da solo. Ma se ci guardiamo negli occhi, se troviamo il coraggio di raccontare e ascoltare, di accogliere e agire, forse possiamo essere noi a cambiare il mondo.



Due giovanissimi Matteo Morvillo e Amedeo Valestra, entrambi diciassettenni, hanno unito le loro passioni e competenze per creare un'applicazione che sfrutta l'intelligenza artificiale per ridurre gli sprechi alimentari domestici. Questa iniziativa, nata quasi per caso, rappresenta un esempio brillante di come la creatività e la tecnologia possano...
Francesco Furlani ha 27 anni, ma la sua storia sembra quella di un esploratore d'altri tempi, capace di trasformare il mondo in casa sua. Nato a Pedemonte di Valpolicella, in provincia di Verona, Francesco oggi vive un'esistenza fuori dagli schemi. La sua dimora è un van, quattro ruote che lo conducono attraverso le meraviglie d'Europa: scogliere a...