
La simulazione della fine: un monito per chi crede ancora nel domani
Una macchina ha immaginato l'inizio della Terza Guerra Mondiale. Non un film, non un romanzo, ma un'intelligenza artificiale: fredda, calcolatrice, priva di paura. Le sue previsioni? Esplosioni nucleari, reazioni militari a catena, il collasso delle infrastrutture, l'evaporazione delle città. Un algoritmo ha simulato l'estinzione. E noi, spettatori, abbiamo guardato.
Ma cosa significa che un'intelligenza artificiale può prevedere l'apocalisse? Non è solo una questione tecnica. È una questione morale, filosofica, esistenziale. Significa che abbiamo delegato anche l'immaginazione del disastro. Che la nostra epoca, incapace di affrontare il presente, ha chiesto a una macchina di raccontare il futuro. E il futuro, secondo lei, è cenere.
La guerra come algoritmo
La simulazione non è solo inquietante: è rivelatrice. Mostra quanto la logica della distruzione sia già inscritta nei nostri sistemi. Bastano pochi input — una provocazione, un errore, un missile lanciato per sbaglio — e il mondo si incendia. Non c'è bisogno di odio, né di ideologia. Basta la meccanica del potere. La guerra, oggi, è automatica. E l'intelligenza artificiale lo sa.
Ma ciò che inquieta di più non è la precisione della simulazione. È la nostra reazione. Guardiamo il video, commentiamo, condividiamo. Lo trattiamo come intrattenimento. Come se la fine del mondo fosse un contenuto da consumare. Come se la morte di milioni fosse un'ipotesi affascinante. Questo è il vero abisso: non la guerra, ma la nostra indifferenza.
Chi sopravvive?
La simulazione calcola anche i sopravvissuti. Chi resta, dove, come. Ma sopravvivere non è vivere. Sopravvivere in un mondo devastato, radioattivo, silenzioso, non è un trionfo. È una condanna. Eppure, ci aggrappiamo all'idea che "qualcuno ce la farà". Come se bastasse. Come se la sopravvivenza fosse una giustificazione per la distruzione.
In realtà, ciò che dovrebbe sopravvivere è la coscienza. La capacità di dire no. Di interrompere la catena. Di rifiutare la logica del potere, della vendetta, della paura. Di immaginare un altro futuro. Non quello simulato da una macchina, ma quello costruito da esseri umani capaci di pensare, sentire, scegliere.
Un monito, non un destino
Questo video non è una profezia. È un monito. Un avvertimento. Un grido silenzioso che ci dice: "Guardate cosa può accadere. Guardate cosa state permettendo." Non possiamo limitarci a osservare. Dobbiamo rispondere. Con la filosofia, con l'arte, con la politica, con la cura. Dobbiamo smettere di delegare il pensiero alle macchine. Dobbiamo tornare a pensare noi.
Perché se l'intelligenza artificiale può simulare la fine, solo l'intelligenza umana può evitarla.

IN ALTRE PAROLE
Ecco una selezione di libri che non solo mettono in guardia contro la guerra nucleare e l'intelligenza artificiale applicata ai conflitti, ma lo fanno con profondità filosofica, rigore storico e potenza narrativa. Alcuni sono veri e propri moniti editoriali, altri sono testimonianze, altri ancora sono analisi lucide del presente:
Nuove armi, nuove guerre – Giovanni De Mauro (BUR-Rizzoli, 2025)
Un mosaico di articoli che racconta come la tecnologia stia trasformando la guerra: droni autonomi, intelligenze artificiali militari, arsenali nucleari modernizzati. Il libro parte da Hiroshima e arriva alla Silicon Valley, mostrando come la guerra oggi sia anche algoritmica.
Il mondo ha scoperto di poter cancellare sé stesso. E non ha smesso di perfezionare il modo di farlo.
Guerra nucleare: uno scenario – Annie Jacobsen
Un saggio inquietante e documentatissimo che simula un'escalation nucleare realistica tra superpotenze. Jacobsen, giornalista investigativa, ricostruisce le catene di comando, i tempi di reazione, le conseguenze globali. Un libro che mostra quanto la fine del mondo possa essere una questione di minuti.
Lettere contro la guerra – Tiziano Terzani
Un classico della letteratura pacifista. Terzani scrive da Kabul, Delhi, Firenze, e riflette sul senso della guerra, sulla responsabilità dell'Occidente, sulla necessità di una rivoluzione interiore.
La guerra non serve a nulla. Se non a generare altra guerra.
Il mondo come progetto Manhattan – Jean-Marc Royer
Una riflessione filosofica e storica sull'eredità del nucleare. Dalla bomba atomica alla guerra generalizzata contro la vita, Royer denuncia la logica di potere che ha trasformato la scienza in strumento di distruzione. Un libro che interroga il senso stesso della civiltà tecnologica.
Trattato sulla tolleranza – Voltaire
Sebbene scritto nel Settecento, resta attualissimo. Voltaire difende la ragione contro il fanatismo, la convivenza contro l'odio. Un testo che dovrebbe essere letto prima di ogni decisione politica.
La tolleranza è il segno della civiltà. L'intolleranza è il preludio alla guerra.
Chiudere gli occhi non basta più
Abbiamo chiesto a una macchina di immaginare l'inizio della fine. E ci ha risposto con precisione chirurgica, senza esitazioni, senza pietà. Ma il vero orrore non è nella simulazione: è nella nostra capacità di tollerarla. Di guardarla, con un clic, e poi passare oltre.
La guerra non è inevitabile. È una scelta. Una scelta che si ripete ogni giorno, nei silenzi, nelle complicità, nelle deleghe. E ogni simulazione, ogni video, ogni algoritmo che ci mostra l'abisso dovrebbe essere accolto non con curiosità, ma con responsabilità.
Perché se la fine può essere simulata, allora anche il risveglio può essere progettato. Non da una macchina, ma da noi. Con parole, gesti, immagini, decisioni. Con la volontà di non essere spettatori, ma autori. Di non sopravvivere, ma vivere con lucidità.
La domanda non è "chi sopravviverebbe". La domanda è: chi sceglierebbe di impedire tutto questo, prima che sia troppo tardi.
Una macchina ha immaginato l'inizio della Terza Guerra Mondiale. Non un film, non un romanzo, ma un'intelligenza artificiale: fredda, calcolatrice, priva di paura. Le sue previsioni? Esplosioni nucleari, reazioni militari a catena, il collasso delle infrastrutture, l'evaporazione delle città. Un algoritmo ha simulato l'estinzione. E noi,...
scritto da Persefone Galimberti e Lupo Shelba
ART
Franco Battiato, con la sua voce limpida e profonda, ci ha lasciato un pensiero che oggi suona come un monito: "Devi cercare di creare qualcosa per te stesso. Impegnati! Non pensare al guadagno, ai giudizi, al successo". È una frase che contiene una rivoluzione silenziosa. Un invito a tornare all'origine, a coltivare l'essere prima dell'apparire....