Filippo La Vaccara: l’arte come sismografo del presente

23.10.2025

Filippo La Vaccara è un artista che ha trasformato la scultura e la pittura in strumenti di indagine esistenziale e sociale, creando un linguaggio visivo che interroga il presente con delicatezza e profondità. Questo articolo è un viaggio narrativo nel suo universo, pensato per giovani curatori, artisti e appassionati dell'arte contemporanea che si affacciano con meraviglia a questo nuovo mondo. Filippo ne è meritevole testimone.


Prologo: un artista che archivia il mondo 

Catania, 1972. Filippo La Vaccara nasce in una terra di contrasti, dove il magma dell'Etna incontra il silenzio barocco. Si forma come scultore all'Accademia di Belle Arti della sua città, ma presto Milano lo accoglie come laboratorio permanente. La sua prima personale nel 1998, curata da Francesca Pasini, è già un manifesto: l'arte non come rappresentazione, ma come perlustrazione della contemporaneità


Capitolo I – L'arte come archivio sensoriale

Filippo La Vaccara non dipinge né scolpisce semplicemente. Archivia. Fotografie, appunti, disegni: ogni frammento è un indizio. Le sue opere – sculture dipinte, paesaggi sospesi, volti mascherati – sono scene di un teatro mentale. I soggetti, pur riconoscibili, abitano un mondo immaginario, enigmatico, dove il tempo è sospeso e la realtà è solo un pretesto.

La mia arte è una forma di meditazione visiva. Ogni opera è un tentativo di rendere visibile ciò che normalmente resta nascosto.

Capitolo II – Maschere e metamorfosi

Le sue sculture diventano maschere. Non per nascondere, ma per rivelare. In progetti come People and Pizza, Filippo La Vaccara collabora con Danilo Torre per raccontare storie surreali di quotidianità, dove il volto è superficie e abisso. La maschera diventa strumento filosofico: chi siamo davvero? E cosa scegliamo di mostrare?


Filippo La Vaccara / Untitled, 2020 / Ph Dino Vittimberga
Filippo La Vaccara / Untitled, 2020 / Ph Dino Vittimberga

Introspezione pop e maschere contemporanee

Nel cortometraggio di Danilo Torre, realizzato in collaborazione con Filippo La Vaccara, l'arte si fa cinema domestico e riflessione sociale. Una visione introspettiva, girata in chiave homemovies, che mette in scena un dialogo impossibile tra personaggi mascherati e il nostro presente iperconnesso. Le sculture indossabili di Filippo – costruite in fil di ferro e carta – evocano le sue celebri teste in ceramica, ma qui si trasformano in dispositivi di verità: non nascondono, rivelano.

In una realtà e contemporaneità in cui ci autorappresentiamo compulsivamente attraverso selfie e video, il volto è diventato superficie, filtro, simulacro. Eppure, i protagonisti di questo film – mascherati, silenziosi, surreali – appaiono più autentici di noi. Come i "tipi" della commedia antica, incarnano archetipi, emozioni, contraddizioni. Con ironia e leggerezza, raccontano uno spaccato dadaista della nostra realtà: frammentata, grottesca, poetica.

Le musiche remixate di Alessandro Linzitto amplificano questo cortocircuito temporale, mescolando vintage e contemporaneo, analogico e digitale. Il risultato è un'opera che non si limita a rappresentare, ma interroga: cosa significa oggi mostrarsi? E cosa resta invisibile?

A completare il progetto, otto Stories pensate per i social media accompagnano il video principale. Brevi, incisive, pop: sono capsule narrative che espandono il messaggio e lo rendono accessibile a un pubblico più vasto ed eterogeneo. Un'operazione che fonde arte e comunicazione, riflessione e diffusione, in un equilibrio raro tra profondità e leggerezza.


Capitolo III – L'arte come denuncia gentile

Nel suo percorso, Filippo La Vaccara non urla. Sussurra. Ma il suo sussurro è potente. Le sue opere sono atti di denuncia poetica: contro l'omologazione, contro la superficialità, contro la perdita del senso. Espone in luoghi simbolici – dal Museo del Novecento di Milano alla Fondación Focus Abengoa di Siviglia – portando con sé una visione che interroga il presente senza retorica.


Capitolo IV – Filosofia della forma

La sua ricerca è anche ontologica. La forma non è mai solo estetica, ma epistemologica. Cosa può dirci una figura? Cosa nasconde un paesaggio? Filippo La Vaccara esplora il confine tra ciò che vediamo e ciò che intuiamo. La sua arte è un invito a pensare con gli occhi, a leggere il mondo come un testo aperto.


Epilogo – Per un'arte che esplora

Oggi, Filippo La Vaccara continua a lavorare tra Milano e la Sicilia, come un cartografo dell'invisibile. La sua opera è un punto fermo nella mappa dell'arte contemporanea italiana: un'arte che non si limita a decorare, ma che interroga, denuncia, trasforma. Per i giovani artisti, curatori e appassionati, il suo lavoro è una lezione di coerenza, profondità e coraggio.

In un'epoca di immagini urlate e contenuti effimeri, Filippo La Vaccara ci insegna che l'arte può essere silenziosa, ma mai muta. Può essere gentile, ma mai superficiale. Può essere personale, ma sempre universale.


1972–1994 | Le origini e la formazione

Filippo La Vaccara nasce a Catania, Sicilia, nel 1972. Si forma come scultore all'Accademia di Belle Arti della sua città, dove si diploma nel 1994. La sua sensibilità plastica si sviluppa fin da subito in dialogo con la pittura, il disegno e l'installazione.

1998–2002 | I primi riconoscimenti e la ricerca identitaria

  • 1998: Debutta con una mostra personale curata da Francesca Pasini presso Viafarini a Milano, segnando l'inizio ufficiale della sua carriera.

  • 1999: Viene selezionato da Angela Vettese e Giacinto Di Pietrantonio per il Corso Avanzato in Arti Visive della Fondazione Antonio Ratti a Como, dove lavora con Haim Steinbach.

  • 2002: È artista in residenza alla Fondazione Orestiadi di Gibellina, dove realizza cinque grandi dipinti esposti nella mostra Laboratorio, curata da Achille Bonito Oliva. Le opere entrano nella collezione permanente del museo.

2003–2014 | Consolidamento e poetiche della maschera

Durante questo periodo, Filippo La Vaccara sviluppa il suo linguaggio visivo fatto di volti sospesi, maschere enigmatiche e paesaggi interiori. Le sue celebri teste in ceramica diventano icone di una ricerca sull'identità, la memoria e la rappresentazione.

2015–2016 | Riconoscimenti istituzionali e premi

  • 2015: Due opere della collezione Mario e Bianca Bertolini vengono acquisite dal Museo del Novecento di Milano.

  • 2016: Una sua opera viene premiata e acquisita dalla Fondación Focus Abengoa di Siviglia. Nello stesso anno riceve un riconoscimento dalla Pollock-Krasner Foundation per la pubblicazione di un libro monografico edito da Allemandi.

2018–2019 | Mostre personali e visioni periferiche

2021 | Progetti internazionali e dialoghi culturali

  • Partecipa al progetto espositivo WAAG 21 – We Are All Greeks presso il Museo di Cultura Bizantina di Salonicco e al Museo d'Arte Contemporanea di Palazzo Belmonte Riso a Palermo. L'arte diventa ponte tra culture, memoria e contemporaneità.

2024–2025 | Interazioni e spiritualità contemporanea


In Italia, il collezionismo è spesso legato a reti personali e gallerie indipendenti. Filippo La Vaccara, con la sua presenza in spazi come The Flat – Massimo Carasi e le mostre curate da Mercedes Auteri, incarna una traiettoria che i giovani possono osservare e reinterpretare. Filippo La Vaccara è un cartografo dell'invisibile. 

La sua opera non si limita ad abitare un luogo, ma trasformarlo. Per i giovani curatori e artisti, il suo lavoro è una lezione di coraggio e profondità. Per i collezionisti, è un invito a sostenere visioni che resistono all'effimero. 

Per i giovani artisti, La Vaccara rappresenta un modello di coerenza e profondità. La sua capacità di esplorare l'identità attraverso la forma e il gesto lo rende un riferimento per chi cerca autenticità e rigore. Progetti come le Stories pensate per i social media mostrano come l'arte possa dialogare con un pubblico eterogeneo senza perdere intensità. Questo approccio è prezioso per i giovani che vogliono sperimentare senza snaturarsi. La figura del curatore e dell'operatore culturale, nel contesto italiano, è spesso invisibile, frammentata, eppure essenziale. L'opera di Filippo La Vaccara offre una lente potente per interrogare questa condizione: non solo per ciò che rappresenta, ma per come viene curata, esposta, narrata. Le opere di La Vaccara, che oscillano tra pittura, scultura e installazione, richiedono una curatela che non si limiti a "esporre", ma che sappia abitare il vuoto, orchestrare silenzi, costruire relazioni tra opera e contesto. È una curatela che diventa co-autrice. In progetti come quelli con la Fondazione Orestiadi, il curatore diventa mediatore tra l'opera e la comunità, tra il trauma e la sua rielaborazione. Qui il ruolo dell'operatore culturale è sociale, pedagogico, quasi terapeutico. Ebbene, senza curatori visionari, queste pratiche non esisterebbero.




Courtesy White Garage / whitegarage.it


Courtesy Galleria Susanna Occhipinti / galleriasusannaocchipinti.it




Filippo La Vaccara è un artista che ha trasformato la scultura e la pittura in strumenti di indagine esistenziale e sociale, creando un linguaggio visivo che interroga il presente con delicatezza e profondità. Questo articolo è un viaggio narrativo nel suo universo, pensato per giovani curatori, artisti e appassionati dell'arte contemporanea che si...

Mentire è un atto antico quanto il linguaggio. Eppure, ogni menzogna porta con sé un paradosso: per essere efficace, deve essere creduta; ma per essere creduta, deve nascondere la sua natura. Isaac Asimov, nel racconto "Bugiardo!" (1941), lo mostra con inquietante lucidità: il robot Herbie, capace di leggere nel pensiero, mente per non ferire gli...