
Hasbara: l’arte della narrazione strategica israeliana
Prologo: Siamo moltitudini. Non siamo mai un solo volto, una sola voce, una sola verità. Dentro ogni essere umano convivono desideri contrastanti, memorie che si accavallano, paure che si scontrano con speranze. Ogni scelta che compiamo è il risultato di un dialogo interno tra parti diverse di noi: il bambino ferito, il saggio silenzioso, il ribelle, il pacificatore. E così, anche il male che scaturisce nel mondo non è opera di un singolo impulso, ma della moltitudine che ci abita e che, talvolta, smette di ascoltarsi. Quando l'uomo si allontana dal proprio io autentico, quando smette di interrogare le proprie moltitudini interiori, si rende vulnerabile alle voci esterne che lo spingono verso l'odio, la vendetta, la distruzione. Ma se riesce a fermarsi, a fare silenzio, a riconoscere le proprie contraddizioni, allora può scegliere. Può scegliere il bene, non come imposizione morale, ma come espressione profonda della sua molteplicità riconciliata. Perché la forza del bene non nasce dalla perfezione, ma dalla capacità di accogliere le moltitudini che siamo, di dare spazio alla compassione, alla responsabilità, alla memoria. E se abbastanza esseri umani imparano a convivere con le proprie moltitudini, a non temerle, a non reprimerle, allora il bene può davvero vincere. Non come trionfo esterno, ma come rivoluzione interiore.
Abel Gropius

Nel vasto panorama della comunicazione politica globale, poche strategie hanno suscitato tanto interesse e dibattito quanto l'Hasbara. Più che una semplice tecnica di propaganda, l'Hasbara è una sofisticata architettura narrativa che Israele ha costruito nel corso dei decenni per raccontarsi al mondo, giustificare le proprie azioni e influenzare la percezione internazionale. Il termine stesso, "Hasbara", significa "spiegazione" in ebraico, ma ciò che rappresenta va ben oltre una mera chiarificazione: è una forma di diplomazia pubblica, una macchina retorica, un esercizio di psicologia collettiva.
Un'identità da raccontare
Israele è un paese giovane, nato in un contesto di conflitto e tensione, circondato da ostilità e costantemente sotto i riflettori geopolitici. In questo scenario, la necessità di costruire una narrazione coerente e persuasiva è diventata vitale. L'Hasbara nasce proprio da questa esigenza: raccontare Israele come una democrazia moderna, tecnologicamente avanzata, moralmente giustificata e costantemente minacciata. Ogni parola, ogni immagine, ogni video che rientra in questa strategia è calibrato per rafforzare questa identità.
Psicologia della persuasione
L'efficacia dell'Hasbara risiede nella sua profonda comprensione dei meccanismi psicologici che governano la percezione umana. La strategia si fonda su alcuni principi chiave:
Framing emotivo: le azioni militari vengono incorniciate come difensive, mai offensive. Le vittime israeliane sono presentate con volti, storie, emozioni. Il dolore è reso tangibile, umano, vicino. Questo crea empatia e riduce la distanza tra il pubblico internazionale e il popolo israeliano.
Dissonanza cognitiva: quando le immagini di guerra cozzano con l'idea di Israele come paese democratico e civile, l'Hasbara interviene per ricucire la frattura. Spiega, giustifica, razionalizza. Il messaggio è chiaro: "Non avevamo scelta".
Bias di conferma: i contenuti sono progettati per rafforzare le convinzioni preesistenti del pubblico occidentale. Si parla di libertà, diritti, progresso. Si evocano valori condivisi, creando un ponte ideologico tra Israele e l'Occidente.
Sociologia della narrazione
Dal punto di vista sociologico, l'Hasbara è uno strumento di costruzione dell'identità nazionale e di gestione dell'immagine globale. Israele non si limita a difendersi dalle critiche: si propone come modello, come alleato, come baluardo di civiltà in un contesto ostile.
Nation branding: Israele si presenta come "Start-Up Nation", patria dell'innovazione, della scienza, della cultura. Questo serve a bilanciare l'immagine negativa derivante dai conflitti. L'Hasbara non è solo difensiva, è anche propositiva.
Diplomazia decentralizzata: ogni cittadino israeliano può diventare un ambasciatore. Sui social media, nei blog, nei commenti online, si diffonde la narrazione ufficiale in modo capillare. È una forma di partecipazione collettiva alla costruzione dell'immagine nazionale.
Contro-narrazione: l'Hasbara non si limita a raccontare Israele, ma contrasta attivamente le narrazioni avverse. Quando emergono critiche, l'apparato comunicativo risponde con prontezza, precisione e spesso con ironia. Il conflitto narrativo diventa parte integrante del conflitto geopolitico.
Innovazione e potenza
Ciò che rende l'Hasbara particolarmente innovativa è la sua capacità di adattarsi ai tempi. Nell'era digitale, ha saputo reinventarsi:
Utilizza algoritmi per diffondere contenuti mirati.
Collabora con influencer, youtuber e creator per raggiungere pubblici giovani.
Sfrutta le dinamiche virali per amplificare il messaggio.
La potenza dell'Hasbara non risiede solo nella quantità di contenuti prodotti, ma nella loro qualità strategica. Ogni messaggio è pensato per colpire, persuadere, sedimentarsi nella mente del destinatario. È una forma di comunicazione che non lascia spazio al caso.
Oltre la propaganda
Definire l'Hasbara come semplice propaganda sarebbe riduttivo. È una forma di comunicazione politica avanzata, che fonde psicologia, sociologia, marketing e diplomazia. È uno specchio della modernità, dove la guerra non si combatte solo con le armi, ma anche con le parole, le immagini, le emozioni.
In un mondo dove la verità è spesso fluida e la percezione conta quanto i fatti, l'Hasbara rappresenta una delle più sofisticate espressioni di potere narrativo. E come ogni narrazione potente, solleva interrogativi, stimola riflessioni, divide le opinioni.
Questo articolo non nasce con l'intento di giustificare alcuna parte, né di prendere posizione in un conflitto che da decenni lacera coscienze, territori e generazioni. Al contrario, nasce dal desiderio di comprendere. Comprendere non significa assolvere, né condannare: significa andare al cuore delle cose, alla radice che le ha prodotte, alle dinamiche che le alimentano. Solo così possiamo sperare di intravedere, anche se da lontano, la possibilità di soluzioni autentiche e durature. In un mondo dove ogni parola è spesso già schierata, dove ogni narrazione è sospetta, provare a osservare con lucidità e profondità è un atto raro e necessario. Anche se la pace può sembrare un'utopia irrealizzabile, anche se la complessità scoraggia, è proprio dalla comprensione che può nascere il primo passo verso qualcosa di diverso. Non perfetto, non immediato, ma possibile.
Questo articolo nasce anche da lunghe conversazioni tra amici, conoscenti, persone comuni che si interrogano, discutono, si accalorano, ma che alla fine convergono sempre su un punto: se non fosse accaduto il 7 ottobre, non sarebbe accaduto tutto ciò che è seguito. È una constatazione che non vuole essere una giustificazione, né una semplificazione. È piuttosto un tentativo di riconoscere la sequenza degli eventi, la logica tragica che spesso governa i conflitti, dove una scintilla può incendiare intere esistenze.
Il 7 ottobre 2023 ha segnato una frattura profonda. L'attacco di Hamas, con la sua brutalità e il suo impatto emotivo, ha generato una risposta israeliana altrettanto devastante, che ha travolto la Striscia di Gaza e causato una catastrofe umanitaria senza precedenti. La sproporzione tra gli eventi è evidente, e non può essere ignorata. Ma proprio per questo, è necessario uno sguardo lucido, che non si fermi alla superficie, che non si lasci trascinare dalla polarizzazione.
Comprendere non significa giustificare. Significa cercare di vedere le radici, le ferite, le dinamiche che hanno portato fin qui. Perché solo da questa comprensione può nascere una possibilità, per quanto remota, di interrompere il ciclo. Di immaginare soluzioni che non siano solo tregue temporanee, ma percorsi di riconoscimento reciproco, di dignità, di futuro.
Sì, forse è un'utopia. Ma è proprio nelle utopie che si nasconde la forza di ciò che ancora non esiste, ma potrebbe. E se la realtà ci sembra irrimediabilmente spezzata, allora è proprio il pensiero critico, la parola onesta, la narrazione profonda che può iniziare a ricucire.
IN ALTRE PAROLE..
Il Male e il Bene: una meditazione filosofica sull'ascolto dell'Io
Quando la storia si fa insopportabilmente tragica, quando il dolore supera la soglia del dicibile, l'essere umano si ritrova davanti a una domanda antica quanto la coscienza: da dove nasce il male? E soprattutto: può il bene ancora vincere?
Gli eventi del 7 ottobre e ciò che ne è seguito hanno generato una spirale di violenza, vendetta, distruzione. Il male si è manifestato in forme brutali, sproporzionate, disumane. Eppure, come ogni male che si impone con forza, esso non è solo un fatto esterno: è anche un riflesso di ciò che accade dentro l'uomo. È il risultato di una disconnessione profonda tra l'essere e il suo centro, tra l'Io e la sua voce più autentica.
Il male come separazione
Il male, nella sua essenza filosofica, non è solo l'atto crudele, ma la separazione. Separazione dall'altro, ma prima ancora da sé stessi. Quando l'uomo smette di ascoltare il proprio io — non l'ego, ma il nucleo profondo della coscienza — si lascia guidare da voci esterne: ideologie, dogmi, rancori ereditati, paure collettive. In questa distanza, il male trova terreno fertile.
La violenza non nasce dal nulla. Nasce da una frattura interiore, da un vuoto che viene riempito con l'odio, con la paura, con la convinzione che l'altro sia nemico. E così, il male si traveste da giustizia, da vendetta, da necessità. Ma resta male, perché nega la dignità dell'altro e, nel farlo, nega anche la propria.
Il bene come ritorno all'Io
Eppure, anche nel buio più fitto, il bene non muore. Il bene non è una forza esterna che interviene magicamente: è una possibilità interna, sempre presente, che attende solo di essere scelta. Il bene è ascolto, è presenza, è riconoscimento. È la voce dell'Io che dice: "Non voglio distruggere, voglio comprendere. Non voglio punire, voglio guarire". Quando l'uomo si ferma, si interroga, si svuota delle sovrastrutture imposte, può riscoprire quella voce. È fragile, spesso sommersa, ma è lì. E se viene ascoltata, può trasformare il dolore in compassione, la rabbia in responsabilità, la vendetta in giustizia vera.
La vittoria del bene: una scelta possibile
La vittoria del bene non è garantita. Non è automatica. È una scelta libera, che ogni individuo può compiere. E se abbastanza persone scelgono di ascoltare il proprio io autentico, anziché le urla del mondo, allora il bene può davvero prevalere. Non come trionfo spettacolare, ma come trasformazione silenziosa. Il bene vince quando l'uomo smette di cercare nemici e inizia a cercare senso. Quando smette di reagire e inizia a riflettere. Quando smette di obbedire a voci esterne e inizia a dialogare con sé stesso.
Conclusione: l'utopia necessaria
Sì, tutto questo può sembrare utopico. In un mondo lacerato, parlare di ascolto interiore può sembrare ingenuo. Ma è proprio l'utopia che ci salva dal cinismo. È proprio l'idea che qualcosa di diverso sia possibile che ci impedisce di arrenderci. Il male ha mostrato il suo volto. Ora tocca al bene mostrarsi, non come reazione, ma come scelta consapevole. E questa scelta nasce dentro ciascuno di noi, nel silenzio, nell'onestà, nel coraggio di ascoltare ciò che è vero.
Prologo: Siamo moltitudini. Non siamo mai un solo volto, una sola voce, una sola verità. Dentro ogni essere umano convivono desideri contrastanti, memorie che si accavallano, paure che si scontrano con speranze. Ogni scelta che compiamo è il risultato di un dialogo interno tra parti diverse di noi: il bambino ferito, il saggio silenzioso, il...
IN PIONEER
scritto da Jose Mazir
Che cos'è il vuoto? Di che cosa è fatto? Perché ci fa paura? Non è solo assenza, non è solo silenzio. È il grembo invisibile da cui tutto nasce. È il respiro dell'universo tra un battito e l'altro. È la soglia che separa e unisce, che dissolve e genera. Eppure, per l'uomo occidentale, il vuoto è spesso sinonimo di angoscia, di perdita, di morte. L'...