
Algoretica: l’etica che insegna alle macchine a servire l’umano
Nel cuore accelerato dell'era digitale, dove gli algoritmi apprendono a velocità esponenziale e l'Intelligenza Artificiale si insinua in ogni piega della vita sociale, si alza una voce che non parla il linguaggio del profitto, ma quello della dignità. È la voce di Paolo Benanti, francescano del Terzo Ordine Regolare, teologo e docente di Algoretica alla Pontificia Università Gregoriana, recentemente nominato dall'ONU nel Consiglio di Consulenza per la governance globale dell'AI.
Paolo Benanti (Roma, 20 luglio 1973) è un presbitero, teologo e filosofo italiano del Terzo ordine regolare di San Francesco. Insegna presso la LUISS Guido Carli e presso l'Università di Seattle ed è stato consigliere di papa Francesco sui temi dell'intelligenza artificiale e dell'etica della tecnologia.
Algoretica e l'entropia dell'informazione: insegnare alle macchine il peso del significato
Nel suo intervento al TEDxTreviso, Paolo Benanti ha posto una domanda radicale: chi insegnerà l'etica alle macchine? In un mondo dove l'Intelligenza Artificiale processa dati a velocità esponenziale, il rischio non è solo tecnico, ma semantico: che l'informazione perda il suo peso umano, il suo legame con la verità, la giustizia, la dignità.
Qui entra in gioco l'entropia di Shannon. Introdotta nel 1948, è una misura dell'incertezza associata a una variabile casuale. Più alta è l'entropia, più imprevedibile è l'informazione. Ma questa imprevedibilità, nella logica algoritmica, è solo rumore. Per l'umano, invece, è spesso il luogo dove si nasconde il senso.
Paolo Benanti ci invita a riflettere su questo scarto: l'algoritmo cerca ordine, prevedibilità, ottimizzazione. Ma l'etica nasce proprio dove l'informazione è ambigua, dove il dato non basta. L'algoretica, allora, non è solo una grammatica morale per le macchine: è un tentativo di insegnare loro a riconoscere che non tutto ciò che è informazione è automaticamente significato.
In questo senso, l'entropia diventa una metafora potente. L'AI riduce l'incertezza, ma l'umano vive nell'incertezza. L'AI cerca pattern, ma l'umano cerca senso. E il senso, come Benanti ricorda, non si calcola: si contempla, si discerne, si custodisce.
Algoretica: un linguaggio universale per la giustizia algoritmica
Benanti non propone una semplice etica applicata alla tecnologia. Propone un algor-etica: una grammatica morale capace di tradurre il valore della persona in codice comprensibile per le macchine. In un mondo dove gli algoritmi decidono chi riceve un prestito, chi viene assunto, chi è sorvegliato, l'algoretica è un atto di resistenza culturale. Non si tratta di frenare l'innovazione, ma di orientarla. Di ricordare che l'AI non è un oracolo, ma uno strumento. E che ogni strumento, per quanto sofisticato, deve restare al servizio dell'umano.
Algocrazia e il rischio del potere invisibile
Paolo Benanti ha coniato anche il termine algocrazia, per descrivere il potere crescente degli algoritmi nel governare le nostre vite. Un potere che non si presenta con divise o decreti, ma con notifiche, raccomandazioni, punteggi. È il potere dell'invisibile, del calcolo che decide senza spiegare. L'algoretica si oppone a questa opacità, chiedendo trasparenza, responsabilità, e soprattutto una visione antropologica: l'algoritmo deve conoscere l'umano non solo come dato, ma come mistero.
L'ONU e la sfida globale
Nel 2023, l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha riconosciuto l'urgenza di una guida etica globale per l'AI, istituendo un comitato di 39 esperti. Tra loro, l'unico italiano è proprio Paolo Benanti. Il suo compito è contribuire alla stesura di linee guida universali che garantiscano che l'AI non diventi strumento di esclusione, ma di giustizia. Un compito che unisce teologia, filosofia, tecnologia e diplomazia.
Una sfida spirituale e culturale
La domanda che Paolo pone è radicale: la nostra comprensione di ciò che è giusto e vero riuscirà a influenzare il sistema di pensiero degli algoritmi? È una domanda che non riguarda solo gli ingegneri, ma ogni cittadino, ogni educatore, ogni artista. Perché l'AI non è solo una questione tecnica: è una questione spirituale. È il riflesso di ciò che siamo disposti a insegnare alle nostre creature digitali.
Nel cuore accelerato dell'era digitale, dove gli algoritmi apprendono a velocità esponenziale e l'Intelligenza Artificiale si insinua in ogni piega della vita sociale, si alza una voce che non parla il linguaggio del profitto, ma quello della dignità. È la voce di Paolo Benanti, francescano del Terzo Ordine Regolare, teologo e docente di Algoretica...
SCRITTO DALLA REDAZIONE SU PRESS RELEASE
scritto da Jose [Bot] Mazir su Awareness